Collezione Peggy Guggenheim

Palazzo Venier dei Leoni visto dal Canal Grande - Collezione Peggy Guggenheim

Chi ama Venezia spesso non lo fa solo per la sua atmosfera magica, le sue vie d’acqua e i bacari dove fermarsi a rifocillarsi, ma anche per l’arte. A Venezia l’arte si respira in ogni calle e, non a caso, è sede di tantissimi musei prestigiosi. Tra i tanti, che abbracciano un po’ tutti i gusti, c’è anche la collezione Peggy Guggenheim, tappa immancabile per chi si ferma in città qualche giorno.

Nella collezione Peggy Guggenheim si possono apprezzare tantissimi pezzi di arte americana ed europea, principalmente della prima metà del novecento. 

Dove si trova la collezione Peggy Guggenheim ^

Ingresso laterale al museo Guggenheim di Venezia

Il museo Peggy Guggenheim si trova nel cuore di Venezia, nel sestiere Dorsoduro e con un lato affacciato direttamente sul Canal Grande, attraverso il quale alcune importanti personalità accedono direttamente al museo via mare. 

L’indirizzo della collezione Peggy Guggenheim, ospitata all’interno del palazzo Venier dei Leoni, è Dorsoduro 701 – 704 e vi si può giungere anche a piedi, senza dover prendere alcun vaporetto. Se si arriva in treno in città è possibile arrivarci semplicemente prendendo per il sestiere Santa Croce e continuando tra ponti e calli fino a qui. Se invece ci si trova a San Marco si può attraversare il celebre e alto Ponte dell’Accademia e proseguire poi per altri cinque minuti a piedi. 

Ovviamente è possibile arrivare qui anche con il vaporetto, sia da San Marco che dalla stazione, semplicemente navigando lungo il canal Grande.

Breve Biografia di Peggy Guggenheim ^

La collezione porta il nome della sua fondatrice, Peggy Guggenheim, diminutivo di Marguirite Guggenheim. Nata a New York nel 1898 Peggy è stata una riconosciuta mecenate e collezionista d’arte, nipote di Solomon Robert Guggenheim, altro importante collezionista d’arte che ha fondato diversi musei in giro per il mondo, tra cui il Guggenheim di New York.

Le famiglia Guggenheim, di origine ebraica, si trasferì in America dalla Svizzera e fece la sua fortuna grazie all’estrazione di materiali quali argento e rame, reimpiegati nell’industria dell’acciaio. La famiglia della madre, Florette Seligman, era invece occupata nel mondo delle banche americane.

Peggy Guggenheim ebbe una vita fuori dall’ordinario, ricca di eventi, tragedie, amori passionali e soddisfazioni. Era una bambina cresciuta nell’agio ed estremamente curiosa, tanto che quando a 14 anni perse il padre nella tragedia del Titanic (di ritorno da un viaggio a Parigi con la sua amante), investì parte dell’ereità in un viaggio negli Stati Uniti che andò dalle cascate del Niagara fino al confine con il Messico. Subito interessata al mondo dell’arte cominciò ventenne a frequentare diversi artisti già durante il primo lavoro presso una libreria. Tra questi c’era anche il pittore dadaista Laurcene Vail, con cui si sposò a Parigi nel 1922 e da cui ebbe due figli (la femmina morirà a 42 anni per overdose di farmaci). Fu proprio questo suo rapporto sentimentale che le facilitò l’ingresso nei salotti artistici di Parigi, dove conobbe svariate personalità, da Man Ray a Duchamp. 

A distanza di sei anni il suo matrimonio era già naufragato e, presi i suoi figli, Peggy cominciò a girovagare per l’Europa, muovendosi tra Londra e Parigi e conoscendo nuovi uomini, tra cui John Holms, con cui rimase fino alla morte di questo, nel 1934. Affascinata dai movimenti avanguardisti europei, aprì una prima galleria, la Guggenheim Jeune, a Londra nel 1938, portando alla ribalta anche diversi nomi altisonanti allora sconosciuti, tra questi c’erano Kandinskji e Tanguy, oltre che alcuni già celebri come Picasso e Braque. Grazie alle sue frequentazioni con Samuel Beckett e Marchel Duchamp Peggy Guggenheim allargò i suoi interessi tra l’astratto e il surrealismo e cominciò ad acquistare tantissime opere di artisti conosciuti e non, trasformando la sua collezione in un museo.

Residente comunque a Parigi, nel 1941 si vide costretta a lasciare la città per via delle sue origini, che non si sposavano con l’avanzata tedesca verso la capitale francese. Per mettere al riparo la sua collezione si rivolse al Louvre, chiedendo di custodirla durante la guerra. Il museo francese valutò però priva di valore la collezione e si rifiutò di ospitarla. Con l’aiuto di un uomo riuscì a spedire la sua collezione in America, facendola passare come “oggetti domestici”. Sempre nel 1941 si sposò con il pittore surrealista Max Ernst, ma il matrimonio durò appena un paio d’anni. Tornata a New York nel 1942 inaugurò una seconda galleria, la Art of This Century che aveva come protagonista Pollock che proprio grazie a Peggy entrò in contatto con il surrealismo europeo ed influenzò molti altri artisti americani. Finita la guerra il nome di Peggy Guggenheim era ormai noto a livello mondiale e la Biennale d’Arte di Venezia la invitò ad esporre la sua collezione nel 1948. 

Arrivata a Venezia Peggy Guggenheim si innamorò letterlamente della città e quello che doveva essere un soggiorno di poche settimane divenne la residenza della vita. Nel 1948 acquistò il palazzo incompiuto Venier dei Leoni e vi trasferì la sua collezione, aprendola al pubblico l’anno successivo. Le sue opere vennero qui custodite per gli anni a venire, salvo per prestiti temporanei ad altre mostre in giro per il mondo. Tra queste si ricorda il prestito a una galleria di Stoccolma che, nel 1966, le permise di salvare la sua collezione dall’acqua alta record di quell’anno, in quanto tutte le opere erano già state impacchettate per la spedizione e l’acqua arrivò comunque solo agli scantinati del palazzo.

Negli ultimi anni della sua vita Peggy decise di donare il palazzo Venier dei Leoni e la sua intera collezione al comune di Venezia, che incredibilmente rifiutò l’offerta e per questo motivo tutte le proprietà andarono alla Fondazione Solomon Guggenheim. Nel 1979 Peggy Guggenheim morì a Venezia in solitudine all’interno dell’ospedale di Camposampiero per via di complicanze legate a una frattura del piede. Come da lei disposto, le sue ceneri vennero seppellite in un angolo del giardino del palazzo, ancora oggi aperto ai turisti.

I cani di Peggy Guggenheim ^

Tomba di Peggy Guggenheim e dei suoi cani

Le ceneri di Peggy Guggenheim riposano, come detto, in un angolo del giardino del Palazzo Venieri dei Leoni. Non si tratta però di un angolo qualsiasi, ma di quello in cui riposano anche i numerosi cani che accompagnarono la collezionista durante la sua vita. Peggy Guggenheim era estramemente legata ai suoi amici a quattro zampe e ne ebbe anche più di uno per volta. Ogni volta che uno di questi scompariva per lei era un fortissimo dolore e volle perciò tenerli tutti vicini a se, seppellendoli in un angolo del giardino, dove ancora oggi sono commemorati da una targa che riporta per oguno di essi il nome, l’anno di nascita e qullo di morte, sotto al titolo “Here lie my beloved babies“. Il suo amore sconfinato per i quattordici cagnolini è testimoniato dal fatto che scese di farsi seppellire proprio al loro fianco.

Palazzo Venier dei Leoni ^

La bellissima collezione d’arte di Peggy Guggenheim è ospitata all’interno dell’altrettanto bel palazzo Venier dei Leoni. L’edificio porta il nome della famiglia Venier, che ne commissionò la costruzione nel 1749 all’architetto Lorenzo Boschetti, poco attivo in città. Si trattava di una delle famiglie più antiche di tutta Venezia e lungo il suo albero genealogico vi erano alcuni imperatori romani e numerosi Procuratori e Dogi di Venezia. I tempi difficili che seguirono non permisero di arrivare mai al compimento del palazzo e così di ben cinque piani previsti, solo uno venne realmente costruito, diventando uno dei pochi edifici incompiuti più famosi della laguna. Ci sono due teorie su questo arresto dei lavori: la prima imputa la responsabilità alla famiglia Corner della Ca’ Granda, che aveva l’edificio sulla riva opposta del canale e che cercò di impedire che il nuovo palazzo oscurasse il loro. La seconda invece tira in causa gli eredi di Venier che volendo rispettare le volontà del padre di portare avanti il palazzo, diedero il via ai lavori, ma non avendo sufficienti fondi li fermarono nel giro di poco.

Palazzo Venier dei Leoni - Collezione Peggy Guggenheim a Venezia

Era previsto che il palazzo Venier dei Leoni fosse dotato di una facciata in stile classica, così da fare il paio con il palazzo Corner che si trova dalla parte opposta del Canal Grande, e da riassumere gli stili del Palladio e di Longhena, con richiami rinascimentali e barocchi. Originariamente prevedeva infatti numerose arcate in pietra chiara, che in realtà non videro mai la luce. Sul finire dell’XIX secolo il palazzo Venier dei Leoni passò alla famiglia Levi, la quale riprese i lavori che portarono avanti la costruzione dell’edificio. Già a distanza di pochi anni all’interno di questo edificio si cominciò a respirare l’arte: tra il 1910 e il 1924 risiedeva qui la marchesa Luisa Casati Amman, la quale fu ispiratrice e modella di diversi artisti, come Man Ray e Troubetzkoy. Negli anni successivi la proprietà cambio nuovamente diverse volte, fino ad approdare nelle mani della viscontessa Doris Castlerosse che nel 1936 diede il via ai lavori che diedero al palazzo Venier dei Leoni la forma attuale. 

Nel 1948, infine, l’edificio viene acquistato da Peggy Guggenheim che ne fece la sua residenza per trent’anni, fino alla morte, e nel 1951, dopo brevi lavori di restauro, aprì le sue porte a chiunque volesse visitare la sua collezione. Da quel momento, chiunque volesse, poteva visionare gratuitamente la collezione per tre pomeriggi alla settimana nei mesi più caldi. Tradizione che continuò fino alla morte della collezionista. Proprio nel 1951 Peggy si rese conto che gli spazi limitati del palazzo non erano sufficienti per la sua collezione e la sua vita, così commissionò un’importante estensione che doveva sorgere al fianco del giardino. In realtà questa non venne mai effettuata, ma venne realizzata la nuova ala, ad un solo piano, nota come barchessa, che ancora oggi ospita parte della sua collezione. 

Alla morte di Peggy Guggenheim l’edificio e le opere passano nelle mani della fondazione Solomon R. Guggenheim, la quale ancora oggi mette a disposizione di turisti e amanti dell’arte le sale di questo bellissimo palazzo.

Al nome dell’originaria famiglia Venier venne aggiunto “dei Leoni” per identificare il palazzo. La leggenda narra che fosse perché al suo interno i Venier custodissero un leone, ma è più probabile la motivazione dovuta al fatto che sono presenti due teste di leone in pietra d’Istria lungo la facciata che dà sul canale. Al posto del leone oggi nel suo cortile interno si trovano numerose opere d’arte. Già davanti all’ingresso è possibile vedere la Sfera numero 3 di Arnaldo Pomodoro.

Le Opere della Collezione Peggy Guggenheim ^

Le opere della collezione Peggy Guggenheim che è possibile ammirare all’interno del museo sono davvero numerose e per la maggior parte di artisti piuttosto celebri. La collezione si concentra sugli artisti del novecento che si contraddistinsero in Europa e in America, da Duchamp a Chagall, da Magritte a Paul Klee, da Paul Klee a tantissimi altri, le cui opere sono esposte ai muri e nel giardino del bellissimo palazzo Venier dei Leoni.

In una visita all’interno della collezione ognuno troverà di che stupirsi. Risulta difficile elencare tutte le opere famose contenute all’interno del museo, per cui a seguire ci sono i pezzi che più mi hanno incuriosito durante la mia ultima visita al museo.

Marcel Duchamp – Scatola in una Valigia ^

Marchel Duchamp - Scatola in una Valigia - 1941

Tra le prime opere che hanno attirato la mia attenzione c’è senza dubbio la Scatola in una Valigia di Marchel Duchamp, risalente al 1941. Si tratta di un’opera che segue l’affermazione dell’artista secondo la quale “Tutto quello che ho fatto di importante protrebbe stare in una piccola valigia”. 

Quella esposta è la prima di venti valigette deluxe marcata Louis Vuitton, nelle quali Duchamp ha raccolto 69 miniature dei suoi più celebri lavori. In questo lavoro l’artista ha portato a una parodia l’estremizzazione del ready made, attraverso tecniche di riproduzione che permettono la facile e veloce riproduzione di questi oggetti diventati iconici. Nella versione deluxe delle valigette è contenuto, in ognuna, un pezzo originale differenziato per ogni valigia. In questo caso si tratta della riproduzione di Le roi et la reine entourés de nus vites, colorata ex-novo dall’artista.

L’eterogeneità dei materiali impiegati nella Scatola in Valigia (carta, vetro, ceramica, legno, colori a tempera, matita, pelle, stoffa…) rende particolarmente impegnativa la conservazione dell’opera stessa. 

Pablo Picasso – il Poeta ^

Pablo Picasso – il Poeta

Tra le varie opere di Picasso esposte c’è anche un dipinto dell’agosto 1911: il Poeta. Si tratta di una fase in cui il celebre pittore sviluppa il cubismo analitico, astraendosi a tal punto dalla realtà da rendere i suoi soggetti quasi irriconoscibili. Come nello stile che l’ha reso celebre, anche in questo quadro Picasso rappresenta il soggetto attraverso visioni multiple di ciasciun dettaglio, come se sulla tela ci fosse una rappresentazione a 360 gradi di ciò che vede. 

Vasily Kandinsky – Paesaggio con Macchie Rosse Numero 2 ^

Vasily Kandinsky – Paesaggio con Macchie Rosse Numero 2

Appartiene a Vasily Kandinsky invece il dipinto Paesaggio con macchie rosse numero 2. Creato nel 1913 trae ispirazioni dalla cittadina di Murnau dove spesso si trova a vivere nella casa acquistata dalla compagna nel 1909. Il paesaggio montano qui ritratto torna ciclicamente nei dipinti di quel periodo di Kandinsky, ma piano piano vanno sfumando sempre più i tratti reali per lasciare spazio a una visione emotiva. I suoi sentimenti sono rappresentati attraverso l’uso del colore, con una preferenza per i colori primari.

A dare il nome Paesaggio con Macchie Rosse Numero 2, c’è proprio una macchia rossa al centro del dipinto, alla quale il pittore attribuisce una forza espansiva che viene percepita in direzione del fruitore della tela.

Marc Chagall – La Pioggia ^

Marc Chagall – La Pioggia

La Pioggia, dipinta nel 1911 da Marc Chagall, prende ispirazione dai suoi primi dipinti, che raffigurano l’arte popolare e le icone russe. Dopo essersi trasferito a Parigi nel 1910 l’artista rielabora i dipinti che produsse a Vitebsk e ne crea nuove compostizioni riutilizzando i soggetti che in questo modo rappresentano la nostalgia per la sua terra di origine

Ne La Piogga di Marc Chagall ci sono anche riferimenti al cubismo, abbastanza rari nelle sue opere, attraverso il frazionamento di alcune aree della composizione in interi piani ombreggiati. I colori intensi e saturi invece si combinano con aree bianche e nere creando un risultato estremamente vivace. 

Paul Klee – Ritratto di Frau P. nel Sud ^

Paul Klee – Ritratto di Frau P. nel Sud

Ad influenzare questo ritratto di Paul Klee del 1924 c’è stata la sua permanenza in Sicilia nello stesso anno. Proprio da questa regione trae ispirazione per l’utilizzo degli acquerelli e i colori caldi che ricordano l’atmosfera da lui vissuta. 

Ritratto di Frau P. nel Sud è la caricatura di signore nordiche che in vacanza in Sicilia si proteggono con piccoli cappelli totalmente inadeguati. Come segno distintivo si trova anche un cuore sul petto di Frau P., elemento che spesso ritorna nei dipinti di Paul Klee. Il cuore viene considerato dall’artista il collegamento tra il mondo organico e quello inorganico.

Joseph Cornell ^

Passeggiando tra le opere esposte sulle pareti della Collezione Peggy Guggenheim attirano la mia attenzione alcune opere di Joseph Cornell. La sua passione per il collezionismo lo porta presto a creare composizioni surrealistiche di oggetti diversi tra loro. 

Queste scatole sono assemblate e in futuro riassemblate dallo stesso artista, creando scene del tutto particolari, bizzarre e alle volte ironiche. Tra quelle esposte c’è un Senza Titolo del 1942 che al suo interno contiene una piccola “Farmacia”. Poste davanti a un piccolo specchio una serie di mensole sorreggono boccette con i materiali più disparati al loro interno, tra cui anche delle illustrazioni. Le illustrazioni qui presenti richiamano come stile l’opera vicina “Scena per una Fiaba“, dello stesso anno, all’interno della quale la stampa su carta di un bel palazzo è posta davanti a ramoscelli che si specchiano nel vetro posto come fondale di tutta la composizione.

René Magritte – L’impero della Luce ^

René Magritte – L'impero della Luce

Tra le opere più famose e più d’impatto presenti nella collezione Peggy Guggenheim c’è senza dubbio il dipinto di René Magritte L’impero della luce, risalente agli anni 1953 – 1954.

In realtà di questo quadro ne esistono diverse versioni, sempre di Magritte, sparse per altri musei nel mondo. Tutte hanno in comune il cortocircuito nel quale l’autore rappresenta una scena notturna con, sullo sfondo, un cielo vivido, azzurro e ricco di luce sul quale fanno capolino le nuvole. Proprio questo è il gioco di Magritte, nel quale la luce del sole che solitamente dà una sensazione di tranquillità, risulta in questo contesto turbare la pace della notte, sottolineando ancora di più il clima evocato dall’oscurità. 

Fritz Koenig – Biga ^

Fritz Koenig – Biga

Usciamo poi dalle sale interne del palazzo Venier dei Leoni e raggiungiamo il piccolo cortile esterno che dà direttamente sul canal Grande. Da qui entrano alcune delle personalità che vengono in visita al museo e ovviamente anche qui si trovano alcune opere.

Tra queste c’è anche Biga di Fritz Koenig, una scultura in bronzo alta poco più di mezzo metro risalente al 1957. Koenig è stato uno dei più importanti scultori tedeschi dello scorso secolo, apprezzato prima in America che in Europa, e proprio durante un soggiorno in Italia si appassiona ad alcuni temi classici e inizia a lavorare sui motivi della Biga e della Quadriga. Le forme di Biga sono lineari e nella loro essenzialità ben definiscono gli elementi riproposti dall’autore.

Marino Marini – L’angelo della Città ^

Marino Marini – L'angelo della Città

Un’altra delle opere più famose della collezione Peggy Guggenheim è l’Angelo della Città di Marino Marini, creata a metà del secolo scorso. Nelle sue opere Marini interpreta i temi classici, dandogli una connotazione contemporanea

Il tema del cavaliere si affaccia nelle sue opere la prima volta nel 1936 e in quegli anni è stato rielaborato più volte partendo da una forma più dinamica e slanciata e muovendosi verso un aspetto più statico e piantato a terra. In questo esemplare il cavallo è ben saldo al terreno, il collo allungato e teso e le orecchie all’indietro. Il cavaliere invece è a braccia larghe e, completamente nudo, con il pene in erezione. Questo sottolinea alcuni aspetti del lavoro di Marini di quegli anni: affermazione ed enfasi di forza resa anche attraverso il simbolismo della potenza sessuale. 

Jackson Pollock – Alchimia ^

Jackson Pollock – Alchimia - 1947

Rientrati all’interno ammiriamo Alchimia di Jackson Pollock, del 1947. Una grande tela a sviluppo orizzontale sulla quale si trovano un’infinità di materiali: pittura d’alluminio, sabbia, sassolini, filati e piccoli bastoncini di legno. 

Alchimia è stato uno dei primi dipinti che Jackson Pollock ha realizzito con la tecnica del dripping, tratto caratteristisco che lo contraddistinguerà. Davanti alla tela bianca Pollock usa il suo corpo come stumento per la realizzazione del dipinto. Si aiuta versando il colore direttamente sulla tela attraverso bastoncini, rendendo sorpassate le tecniche di pittura tradizionali. Le linee create non servono più come rappresentazione della realtà o forme, ma sono esse stesse l’opera, testimonianza di un evento autonomo che ricrea sulla tela i movimenti dell’artista e si modifica in base a quanto gli succede durante la creazione.

Joan Mirò – Donna Seduta II ^

Joan Mirò – Donna Seduta II - 1939

Tra i pezzi di Joan Mirò ospitati in galleria c’è Donna Seduta II, del 1939. Venne dipinto in un periodo particolare per l’artista, nel quale reagì emotivamente alla guerra civile che era scoppiata in Spagna. Tale reazione si può ritrovare nelle linee violente che caratterizzano l’opera.

Il ritratto di una figura umana lascia spazio ad alcuni tratti bestiali, che coesistono con gli aspetti più formali di un ritratto. La donna seduta ha una bocca con denti a sega, che trasmette una sensazione di voracità, mentre il seno è a forma di bottiglia che va a sottolineare la forza generatrice del genere femminile. Dalle spalle squadrate sorgono braccia e collo. Compaiono anche un pesce e un uccello, che simboleggiano gli elementi dell’acqua e dell’aria, oltre che la luna, le stelle e i pianeti che richiamano l’intero piano astrale.

Gli oggetti personali di Peggy Guggenheim ^

Arrivando praticamente alla sezione della barchessa c’è una piccola sala che testimonia il rapporto di amicizia che Peggy Guggenheim stringeva con gli artisti. Qui si trovano alcuni oggetti che furono creati appostivamente per lei. 

In una piccola teca appesa al muro è possibile ad esempio vedere gli orecchini che Alexander Calder e Yves Tangui crearono per lei, in due stili completamente differenti a testimonianza della dinamicità della collezionista.

Nella stessa sala è possibile vedere anche un altro degli oggetti che Calder creò per lei, ovvero la testiera del letto in argento. Si tratta di una scultura articolata, dove forme geometriche incontrano foglie e fiori, con linee sottili che si intrecciano le une nelle altre.

Tony Cragg – Bottiglie su una Mensola ^

Tony Cragg – Bottiglie su una Mensola - 1981

Molte delle opere nella barchessa appartengono a un periodo più recente, come Bottiglie su una Mensola di Tony Cragg, concepita nel 1981. Qui cinque bottiglie in plastica colorata sono posizionate su una mensola di legno dipinta di bianco.

Tony Cragg, prima di dedicarsi all’arte, fu un tecnico di laboratorio, e questo si riflette nel processo di osservazione quasi analitico che sottointende nelle sue opere, così come nell’interesse quasi maniacale per la materia degli oggetti che utilizza.

Bottiglie su una mensola fa parte di un primo periodo artistico di Tony Cragg, nel quale era usuale allineare oggetti simili tra loro per utilizzo, per colore o materiali, al fine di creare una sorta di poetica del riuso che soddisfi la sua curiosità per la materia e un fine estetico. In questo stesso periodo creò diverse opere riutilizzando oggetti trovati in spiaggia. Negli anni novanta, invece, passa a sculture decisamente più imponenti nel quale lo studio si sposta verso il movimento, dando una sensazione di dinamicità nonostante l’opera sia ferma.

Jean Dubuffet – Memoration XXIII ^

Jean Dubuffet – Memoration XXIII - 1979

Vicina agli anni ottanta è anche Memoriation XXIII (D148) di Jean Dubuffet, un quadro composto da collage su carta colorato con pennarelli neri, che risale al 1979 e che al suo interno ha alcuni rimandi al lavoro di disegnatore industriale che ha accompagnato l’artista per circa una decina d’anni.

Le linee curve di Memoration XXIII sembrano incastrarsi le une nelle altre, ricavandosi i propri spazi e alternando pattern geometrici ad automobili, ritratti e inquietanti figure umane.

Jasper Johns – Tre Bandiere ^

Jasper Johns – Tre Bandiere - 1960

Un’altra delle opere visibili nella collezione Peggy Guggenheim è Tre Bandiere, un disegno a matita del 1960 di Jasper Johns. Qui si trovano tre tavole sovrapposte che si ispirano all’omonima opera del 1958 dedicata alla bandiera americana.

In Tre Bandiere Jasper Johns prende un simbolo nazionale e lo trasforma in un oggetto d’arte, suggerendo la possibilità di reinterpretare continuamente gli oggetti e lo fa utilizzando il suo colore preferito, il grigio che sostiene rappresentare l’assenza stessa del colore.

Alexander Calder – Mucca ^

Terminata la visita agli interni della villa Venier dei Leoni usciamo nel giardino, dove si trovano altre opere. Tra queste ancora un pezzo di Alexander Calder, che salta all’occhio per il suo colore rosso accesso.

Si tratta di Mucca, o meglio La Vache, del 1971,una struttura lunga oltre tre metri e mezzo in acciaio dipinto che raffigura una mucca. Calder fu uno dei padri della scultura astratta e i suoi lavori si divisero principalmente in due filoni: “mobiles” e “stabiles”, mentre i primi sono strutture cinetiche che si muovono principalmente grazie all’aria, le seconde sono caratterizzate da un senso di maestosità e pesantezza. Ereditano però da mobiles un animo giocoso reso spesso attraverso i colori accesi e forme goffe e per via delle loro dimensioni sono pensati per stare all’esterno in una sorta di complemento all’arredo urbano. Mucca fa parte proprio degli stabiles.

All’interno invece, praticamente all’ingresso della villa Venier dei Leoni, si trova l’opera Arco di Petali del 1941, che rappresenta invece il filone dei “mobiles”, grazie alle sue lamiere sottili e la struttura leggera che si muove attraverso l’aria e il passaggio delle persone.

Maurizio Nannucci – Changing Place, Changing Time, Changing Thoughts, Changing Future ^

Dietro a Mucca si può chiaramente vedere un’altra delle opere posizionate all’aperto, praticamente sul muro del bar che offre ristoro ai visitatori della Collezione Peggy Guggenheim. Si tratta di Changing Place, Changing Time, Changing Thoughts, Changing Future, un’opera di Maurizio Nannucci realizzata nel 2003 e composta di scritte ottenute attraverso tubi al neon. 

Nannucci già dagli anni sessanta iniziò a realizzare i suoi testi attraverso lampade al neon, sottolineando la temporalità della scrittura anziché la materialità degli oggetti. Nell’opera in questione l’artista all’epoca sessantaquatrenne sottolinea quanto sia fondamentale sapere cambiare modo di pensare e vedere le cose per riusciare a cambiare il mondo.

Mirko Basaldella – Leone Urlante II ^

Mirko Basaldella – Leone Urlante II - 1956

Abbiamo ormai terminato la visita del museo, ma prima di lasciarlo ci soffermiamo davanti a un’ultima scultura, ospitata sempre nel giardino della villa. Si tratta di una piccola scultura in bronzo, larga poco meno di un metro, di Mirko Basaldella scolpita nel 1956, che ritrae un Leone Urlante

In quest’opera l’artista rappresenta un leone attraverso l’iconografia orientale, rifacendosi a un soggetto classico, trasformato in un mostro. Il leone, dalla bocca spalancata, è decorato con rabeschi che si rifanno a un mondo immaginario e fantastico, fatto di formule magiche. Con Leone Urlante Basaldella affida all’animale il compito di rappresentare la sensazione di inquietudine dell’umanità negli anni cinquanta e che forse non si è ancora dissolta. Ma il leone rappresenta anche il trionfo della luce sulle forze sotterranee e sul male, resi attraverso la figura del serpente.

Collezione Peggy Guggenheim – Orari e Biglietti ^

L’accesso alla collezione Peggy Guggenheim è consentito tutti i giorni della settimana ad esclusione del martedì, con orario dalle 10.00 di mattina alle 18.00 di sera. Lungo la giornata si tengono diverse presentazioni sulla vita di Peggy Guggenheim e visite guidate alla collezione permanente, il cui costo è compreso nel biglietto d’ingresso. Queste sono distribuite durante tutto il giorno e sono interventi che vanno dai dieci minuti alla mezz’oretta. 

Chi volesse invece una visita guidata approfondita, la può prenotare tutti i giorni al costo di € 167 fino a cinque persone. Questa viene svolta dalle 9.00 alle 10.00 della mattina a museo chiuso e deve essere prenotata almeno quattro giorni lavorativi prima.

Il biglietto di ingresso ha un costo di € 15 l’intero, € 13 per le persone sopra i 65 anni, € 9 per gli studenti e dà accesso all’intera collezione esposta nel palazzo Venier e nella cosiddeta “barchessa”, oltre che alle opere che si trovano nel giardino.

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Collezione Peggy GuggenheimScopri tutto sulla Collezione Peggy Guggenheim, la storia della celebre collezionista e del palazzo Venier dei Leoni e le opere esposte.https://www.lorenzotaccioli.it/collezione-peggy-guggenheim-info-complete/
Lorenzo Taccioli