Igloos di Mario Merz all’Hangar Bicocca di Milano

Doppio Igloo di Porto - 1998 - Igloo in Rami e sovrastato da cervo

Visitare la mostra Igloos su Mario Merz all’Hangar Bicocca è come immergersi in un paesaggio fabiesco, fatto di tante piccole costruzioni. I significati delle opere, però, spesso si scontrano con la realtà, con l’attualità del tempo e con alcuni interrogativi che ricorrono nelle creazioni di Mario Merz..

Chi è Mario Merz ^

Mario Merz è stato un artista, principalmente pittore e scultore, nato a Milano nel 1925 e morto nel 2003. Mario Merz diventa attivo sul piano artistico negli anni ’40, al termine della seconda guerra mondiale, quando la sua vita si incrocia con quella di Luciano Pistoi. Conosce il critico d’arte in prigione, dove viene condotto a causa del suo impegno politico antifascista all’interno del gruppo Giustizia e Libertà. 

In questi anni si avvicina al disegno, creando le sue celebri spirali eseguite senza mai sollevare la matita dalla carta. Uscito di carcere si avvicina, da autodidatta, alla pittura, immergendosi in temi legati alla natura, con un debole verso le foglie e le castagne. 

Negli anni ’60 incontra Marisa, un’artista alla quale si lega anche sentimentalmente per il resto della sua vita. Contestualmente Mario Merz si sposta dalla pittura alla scultura, sperimentando le sue prime “strutture aggettanti”: opere volumetriche composte da una tela da cui fuoriescono elementi a forma di piramide che si incrociano con tubi o neon. Queste sono le prime sperimentazioni che portano l’artista ad uscire dalla bidimensionalità e a fondere insieme diversi mezzi espressivi.

Il primo Igloo, tema della mostra all’Hangar Bicocca di Milano, viene creato nel 1968 alla galleria Arco d’Alibert di Roma. Per Mario Merz è una folgorazione e solo l’inizio di una prolifera serie di Igloo. Questo primo esemplare, chiamato poi Igloo di Giap, è formato da una struttura semisferica in acciaio ricoperta con una rete di metallo a cui sono agganciati numerosi pezzi di argilla. A ricoprire il tutto, una lunga scritta al neon che gira come una spirale lungo la quale lo spettatore è obbligato a muoversi per leggere il senso compiuto della frase: “Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap”. Appena due anni dopo, nel 1970, fa la comparsa nelle sue opere la successione di Fibonacci, un altro elemento che torna costantemente nei suoi lavori. Per Mario Merz la successione di Fibonacci rappresenta l’energia insita nella materia e nella crescita organica

Gli  igloo e la successione di Fibonacci sono due elementi che Mario Merz porterà con se per tutta la sua produzione, continuando parallelamente la creazione di dipinti e altre sculture.

A partire dagli anni ’70 le opere di Mario Merz sono state esposte in numerosi musei in giro per il mondo: dal Walker Art Center di Minneapolis alla Kunsthalle di Basilea, dal Moderna Museet di Stoccolma al Guggenheim Museum di New York e in tanti altri.

La poetica di Mario Merz ^

Doppio Igloo di Porto - 1998 Mario Merz - Hangar Bicocca Milano

Mario Merz negli anni ’60 incontra il curatore d’arte Germano Celant che nel 1968 organizza una sua mostra a Torino. In questo periodo lo stesso Celant crea il termine “Arte Povera” che identifica quelle opere che rompono i confini tra natura e cultura, tra arte e vita, con la volontà di raggiungere una comprensione soggettiva della materia e dello spazio. 

Una costante dell’arte povera e anche delle opere di Mario Merz, è l’utilizzo di materiali “poveri” quali legno, ferro, terra, stracci, scarti industriali, e l’espressione delle proprie idee attraverso opere di installazione. 

La poetica di Mario Merz è sempre volta all’organico, alla vita. La struttura inanimata degli igloo richiama l’idea primitiva di casa, di rifugio, ma anche di luogo di incontro. Lo stesso utilizzo della sequenza di Fibonacci, nella quale ogni numero è la somma dei due precedenti, rimanda al principio universale di accrescimento del mondo organico.

La mostra Igloos all’Hangar Bicocca ^

La mostra Igloos di Mario Merz allestita all’Hangar Bicocca di Milano è incentrata esclusivamente su questo ricco filone di opere dell’artista. Ovviamente sono tutte distinte le una dalle altre per dimensione, materiali di cui la struttura si compone e oggetti che si intersecano o completano le strutture stesse degli igloo. 

Mario Merz ha costantemente indagato sulla forma degli igloo per oltre quarant’anni, mantenendo salda la metafora del luogo e dello spazio abitato dall’uomo. 

In mostra sono presenti più di trenta igloo, creati tra il 1968 e il 2003 e ricoperti dai materiali più svariati: vetro, juta, argilla, metallo, pietra e addirittura un cervo. In Igloos si possono capire quali sono stati i materiali preferiti da Mario Merz e come questi si intersecano con l’utilizzo della parola scritta o con altri significati derivati dall’utilizzo di simboli e numeri. Alle volte, sulle strutture, si trovano scritti concetti opposti, come “chiaro” e “oscuro”, “leggero” e “pesante”.

Entrando nella sala espositiva dell’Hangar Bicocca si ha come l’impressione di accedere a una città irreale, un villaggio silenzioso, le cui case sono formate dai numerosi igloo di differenti dimensioni, e la luce fioca è data dai neon applicati sulle strutture e da una bassa luce di atmosfera.

Gli Igloo di Mario Merz - Mostra Igloos Hangar Bicocca Milano

In realtà ogni igloo di Mario Merz ha un significato differente e simboleggia una diversa idea dell’artista.

Le opere in Mostra ^

Entrare all’interno della sala della mostra Igloos è come risvegliare quel lato avventuroso che tutti noi avevamo da bambini. Davanti a noi una lunga serie di igloo, in ordine sparso, che formano un villaggio pieno di case che avremmo potuto occupare per interi pomeriggi. 

In realtà, nonostante la struttura di partenza sia simile in ognuna di queste opere di Mario Merz, si nascondono delle caratteristiche che rendono ogni creazione differente dalle altre e con significati propri.

Visita alla Mostra Igloos presso Hangar Bicocca - Milano

La goccia d’acqua ^

Appena entrati, sulla sinistra, non si può non notare una delle più grandi opere in mostra: “la goccia d’acqua”, del 1987. Si tratta anche di uno dei primo igloo di Mario Merz realizzati per uno spazio espositivo al chiuso e il più grande nel suo genere

La goccia d’acqua venne realizzato per un ex magazzino di materie prime di epoca coloniale, utilizzato come museo d’arte contemporanea di Bordeaux. 

La struttura di questo igloo ha un diametro di circa 10 metri composta di metallo e rivestita da vetri su cui sono stati posizionati dei numeri in neon. Una lunga tavola triangolare passa attraverso l’igloo e termina con un rubinetto dal quale dell’acqua gocciola in un secchio.

Nella “goccia d’acqua” Merz espone anche il suo interesse per la fisica, riprendendo il concetto di “tensione superficiale” sostenendo che senza questo principio non si sarebbe in grado di capire i suoi igloo, non distinguendone l’interno dall’esterno.

Igloo di Giap ^

Alla nostra destra troviamo invece l’igloo di Giap, che si distingue da tutti gli altri igloo sopratutto per il materiale utilizzato, che non ritroviamo in nessuna delle altre strutture. Quello presente in mostra è una variante del 1970 del suo primo “igloo di Giap”, risalente al 1968

La struttura che sorregge l’opera è in acciaio, ricoperta da pani di argilla. Nell’opera originale i pani erano ricoperti di plastica, mentre in questa sono nudi. In entrambe, però, una scritta circolare al neon si estende su tutta la superficie: “Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap”. Questa frase venne pronunciata dal generale vietcong Vo Nguyen Giap, capo militare del’esercito popolare del Vietnam del Nord che combatteva contro l’imperialismo occidentale.

Object cache-toi ^

Del 1968 è anche “Object cache-toi”. Rispetto al primo igloo sperimenta nuovi materiali utilizzando pacchi di stoffa bianca al posto dell’argilla, incastrati come mattoni che si sorreggono vicendevolmente. 

La scritta al neon che si trova su di questa opera è il nome dell’opera che, in francese, significa “oggetto vai via”, incitando la matericità dell’oggetto a smaterializzarsi. La frase deriva da uno slogan di contestazione francese contro il consumismo, apparso a Parigi sui muri dell’Università della Sorbona durante le manifestazioni studentesche del 1968.

Hangar Bicocca - Object cache-toi - 1968

Luoghi senza strada ^

In “luoghi senza strada”, del 1979, trovo una profonda differenza con la maggior parte degli altri igloo presenti in mostra. In questo infatti, Mario Merz, ha utilizzato il catrame come copertura, nascondendo completamente la struttura interna e creando una superficie scura e omogenea, sulla quale la scritta al neon “luoghi senza strada” risplende fortemente. 

L’utilizzo del catrame si configura perfettamente all’interno della continua sperimentazione dell’artista circa l’utilizzo di nuovi materiali dell’arte povera. 

Mario Merz all Hangar Bicocca di Milano - Luoghi Senza Strada - 1979

Igloo di Marisa ^

“Igloo di Marisa”, creato nel 1972 è stato uno dei primi igloo nei quali Mario Merz ha utilizzato i numeri della successione di Fibonacci. In quest’opera in particolare, il rivestimento della struttura è ottenuto con pani di stoffa bianca, pieni di gommapiuma, sulla quale sono state affisse delle scatole in plexiglas che contengono i numeri della successione dall’8 al 144. 

Questo è stato solo l’inizio dell’utilizzo costante di queste cifre nelle opere dell’artista.

Particolare di Igloo di Marisa - 1972 - Numero al Neon

If the hoar frost grip thy tent thou wilt give thanks when night is spent ^

Diametralmente opposta è invece la leggerezza di “If the hoar frost grip thy tent Thou wilt give thanks when night is spent” del 1978. Questa volta la struttura dell’igloo è facilmente visibile, grazie ad un rivestimento in rete metallica che fa da supporto alla frase dei “Canti Pisani”, di Ezra Pound, che scrisse queste parole durante la detenzione in un campo di prigionia nei dintorni di Pisa nel 1945.

Ancora una volta Mario Merz mostra il suo interesse per altre tipologie di arte e mette in evidenza la transitorietà e la precarietà della condizione dell’uomo riportando che “se la brina afferra la tua tenda renderai grazie che la notte è consumata”.

If the hoar frost grip thy tent thou wilt give thanks wehn night is spent - 1978 - Mostra Igloos all Hangar Bicocca

Hoarded centuries to pull up a mass of algae and pearls ^

“Hoarded centueries to pull up a mass of algae and pearls” risale al 1983 ed è una seconda citazione del poeta Ezra Pound, che per stessa ammissione di Mario Merz, influenza direttamente il suo pensiero.

All’interno di un igloo di vetri se ne trova uno più piccolo, composto da una rete metallica dipinta con una stesura di zolfo. Con quest’opera Mario Merz fa riferimento al suo concetto di tempo e alla visione circolare che ha dello stesso. Ad esempio l’utilizzo dello zolfo richiama una dimensione arcaica, essendo un materiale presente negli strati più profondi della terra, ma allo stesso tempo estremamente attuale perché ancora estratto e lavorato da parte dell’uomo.

Hoarded centuries to pull up a mass of algae and pearls - 1983 - Mario Merz

Senza Titolo del 1984 ^

Il massimo della trasparenza è invece dato dall’igloo senza titolo del 1984. In questo tre igloo in vetro sono contenuti gli uni negli altri. Lo sguardo si muove dall’interno verso l’esterno e non si può fare a meno di notare i numeri della successione di Fibonacci che arricchiscono la struttura, tenuta ferma dai pali in metallo e dai pani di argilla posti ai piedi dei vetri.

Mostra di Mario Merz - Igloos - Igloo del 1984 con tre strati di vetro

Igloo del Palacio de las Alhajas ^

Simile, ma differente, è “l’igloo del Palacio de las Alhajas“, del 1982. Questa struttura deve il suo nome al luogo che l’ha ospitato temporaneamente: il Palacio de las Alhajas di Madrid, caratterizzato da un imponente soffitto in vetro

L’igloo creato richiama esplicitamente i materiali del palazzo, combinando vetro e alcune pietre in uno dei primi doppi igloo realizzati dall’artista. A rendere più evidente il confine tra le due strutture si trovano alcune fascine di legni. 

Igloo del Palacio de las Alhajas - 1982 - Mario Merz Hangar Bicocca Milano

Chiaro oscuro ^

Tra gli igloo più suggestivi, nella sua semplicità, ho trovato “Chiaro Oscuro” del 1983. Le dimensioni abbondanti sono rese necessarie per esprimere il senso dell’ossimoro presente anche nel nome stesso dell’opera

Da una parte il chiaro, simboleggiato dalla parte antistante in vetro, dall’altra lo scuro, creato attraverso l’igloo formato da rami e legni. A fugare ogni dubbio sul significato dell’opera interviene direttamente Mario Merz che dice “l’igloo è dato dai contrasti: chiaro-scuro, dentro-fuori, materiale leggero e pesante. Sono le contraddizioni che l’uomo ha sulla terra, nella vita.”.

Chiaro Oscuro - Igloo di Mario Merz in vetro e rami di legno

Senza Titolo del 1985 ^

Successivamente a “Chiaro Oscuro” abbiamo trovato l’igloo senza titolo del 1985, realizzato in occasione di una mostra personale dell’artista a Zurigo. Quest’opera è composta da due igloo uno all’interno dell’altro, intersecati da una lunga fila di giornali impilati e inframezzati da vetri sui quali tornano ancora una volta i numeri della successione di Fibonacci.

Questa secante crea l’illusione di traettorie in continua espansione, mentre l’utilizzo dei quotidiani riproduce una serie di parole e di pensieri, una sorta di serie dello stesso giornale.

Igloo senza titolo - 1985 - Successione di Fibonacci

Sentiero per qui ^

I giornali tornano anche in “Sentiero per qui” del 1986, dove una volta impilati esprimono l’idea della trasmissione delle informazioni

Questo particolare igloo venne realizzato in occasione della XVII Triennale di Milano ed è composto da una struttura in metallo, pietra e vetro, nella quale entra il lungo sentiero di giornali impilati. Ancora una volta ritorna la sequenza di Fibonacci che corre fino al numero 233. L’utilizzo della pietra è volto a creare un parallelismo con il “paesaggio moderno”. 

Igloo di Mario Merz con numeri della successione di Fibonacci - Sentiero per qui 1986

Luoghi senza strada del 1994 ^

Un altro dei pochi igloo dai colori scuri e dalle pareti impenetrabili è quello di “Luoghi senza strada” del 1994. 

La superficie in lastre nere di ardesia e granito è arricchita dalla frase poetica “luoghi senza strada”, scritta in corsivo con la grafia di Mario Merz e resa attraverso un neon blu.

Luoghi senza strada - 1994

Senza Titolo del 1994 ^

Simile a “Luoghi senza strada” è l’igloo senza titolo del 1994. In questo caso però, a cambiare diametralmente è il colore dei materiali utilizzati: l’ardesia lascia spazio a delle lastre di marmo bianco che si sovrappongono lasciando, di tanto in tanto, alcuni spazi vuoti

A differenza della struttura precedente in questa manca una frase a decorare le pareti, ma è presente la ricorrente successione di Fibonacci che dalla sommità dell’igloo scende fino a terra attraverso delle luci al neon.

Igloo senza titolo - 1994 di Mario Merz - Igloo con numeri in neon

Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case? ^

Di grande impatto è un’altra opera del 1994: “Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?”. Sullo sfondo di questo igloo si trova la stanza finale della mostra Igloos di Mario Merz.

In “Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?” la struttura con finestre di vetro poggia direttamente su lastre di pietra rettangolari disposte in forma concentrica. Su ogni lastra si trovano appoggiate le parole al neon rosso che compongono il titolo dell’opera.

All’interno dell’igloo principale se ne trova un secondo composto da diverse tipologie di pietre appoggiate direttamente a terra e bloccate con dei morsetti.

Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case? - Mario Merz - 1994 - Hangar Bicocca

Senza Titolo (doppio Igloo di Porto) ^

Arriviamo alla parte finale della mostra. Un grande igloo senza titolo del 1998 occupa l’intera sala. Quest’opera viene identificata come “doppio Igloo di Porto” e evoca una dimensione arcaica, naturale e primitiva grazie a due elementi: le fascine di legno organizzate a formare l’igloo interno e il cervo impagliato sulla sommità della struttura, al quale è attaccato il numero al neon 10946, sempre tratto dalla successione di Fibonacci e che esalta la potenza espressiva dell’installazione. Il cervo si trova agganciato al secondo igloo, quello esterno, che ha una forma estremamente regolare.

Il “doppio Igloo di Porto” è stato creato appositamente per la mostra personale di Mario Merz alla Fundacao de Serralves di Porto.

Doppio Igloo di Porto - 1998 - Igloo in Rami e sovrastato da cervo

Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi? ^

Tornando verso l’ingresso della mostra Igloos all’Hangar Bicocca di Milano, ci soffermiamo su alcune strutture che non avevamo guardato con attenzione. Questo è il caso di “Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi?” del 1977, presentato nella ricostruzione del 1985

In questo caso l’elemento che distingue questi igloo dagli altri è l’utilizzo di una lampada che proietta un fascio di luce attraverso una lunga fila di vetri rotti fino alle pietre che formano la struttura dell’igloo. L’utilizzo di questa prospettiva ha l’intento di sottolineare come varia la percezione della distanza, a seconda dei materiali, di come vengono trattati e illuminati.

Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi - 1977 - Igloo di Mario Merz

Auf dem Tisch, der hineinstosst in das Herz des Iglu ^

“Auf dem Tisch, der hineinstosst in das Herz des Iglu” significa letteralmente “sul tavolo che penetra nel cuore dell’igloo”. In questo igloo Mario Merz ha aggiunto il simbolo del tavolo, a rafforzare l’idea di casa derivante dalla struttura stessa

La maniera con la quale il piano orizzontale entra ed esce negli spazi curvi dell’igloo apre il varco al concetto di attraversamento ed equilibrio che introduce tensioni ed energie, riutilizzato in molte delle opere successive.

Auf dem Tisch der Hineinstosst in das Herz des Iglu - 1974 - Mario Merz

Is space bent or straight? ^

Una delle poche opere ad avere al suo interno anche oggetti di uso comune è “Is space bent or straight?”, dove dalle pareti in vetro si vede una macchina da scrivere. L’oggetto presente è andato in scena all’interno di una performance eseguita da Merz insieme a Emilio Prini, nella quale i due leggevano, scrivevano e parlavano seduti all’interno dell’igloo, che diventava a tutti gli effetti un luogo abitabile e di relazione.

Il titolo “is space bent or straight?” ha come soggetto la superficie piana dei vetri, che si adatta alla forma curva dell’igloo.

In Space bent or straight - 1973 - Macchina da scrivere dentro igloo di Mario Merz

Evidenza di 987 ^

Prima di lasciare la mostra “Igloos” di Mario Merz all’Hangar Bicocca di Milano, passiamo per la ricostruzione parziale di “Evidenza di 987”. Si tratta di un grande igloo la cui superficie è suddivisa in sedici spicchi. I vetri che ricoprono la struttura sono tenuti insieme da alcuni morsetti dall’impugnatura rossa, lo stesso colore di una portiera di automobile applicata a uno degli spicchi.

L’utilizzo dell’automobile non è nuovo nelle opere di Mario Merz, che nel 1978 quando quest’opera è stata concepita, era un evidente simbolo dello sviluppo industriale, soprattutto per Torino, la città dove viveva e lavorava l’artista.

La portiera applicata all’igloo rappresenta la contrapposizione tra forme casuali suggerite dai vetri rotti e forma non casuale della portiera dell’automobile che occupa però una posizione casuale all’interno della struttura.

Evidenza di 987 - 1978 - Igloos di Mario Merz
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Lorenzo Taccioli