Il MUDEC di Milano ospita le opere di Liu Bolin, l’artista cinese che si esibisce in performance mimetiche con l’ambiente che lo circonda, attraverso l’utilizzo del body painting, e il cui risultato sono delle fotografie in grande formato.
Questa è un’ottima occasione per conoscere più da vicino le tecniche utilizzate per mettere in scena i suoi scatti e le tematiche affrontate da questo artista, la cui fama è affermata a livello internazionale.
Prima di tutto scopriamo meglio chi è Liu Bolin. Nato nel gennaio del 1973 a Shandong nell’estremo oriente della Cina si è diplomato a Pechino al corso di laurea sulla Scultura dell’Accademia Centrale d’Arte Applicata e vive e lavora principalmente ancora in questa città. Per dedicarsi completamente alle sue sperimentazioni artistiche Liu Bolin lascia definitivamente il posto di docente di scultura nella stessa Accademia di Pechino in cui aveva studiato.
Dopo le prime mostre a Beijing sulla fine degli anni ’90 ebbe un successo crescente tanto da arrivare come protagonista sul panorama internazionale dell’arte contemporanea.
Nelle sue opere questo artista quasi scompare, diventando una “cosa tra le cose”. In questa maniera intende far capire che ogni luogo, sia questo il più piccolo o il più sperduto sulla faccia della terra, ha una sua anima in cui ci si può identificare e immergere.
Il risultato finale, visibile nelle fotografie dell’artista, è il frutto di un complicato processo per più fasi: dallo studio iniziale sulla tematica da affrontare, allo scouting e la scelta delle location su cui lavorare. Il processo continua poi con la fase di installazione e pittura che si conclude con la performance dell’artista che si immerge totalmente e letteralmente nell’ambiente scelto. Il lavoro dura spesso più giorni e la fotografia che ne esce è solo il culmine di tutto il processo creativo.
Inizialmente questo processo avveniva creando delle sculture della sua persona e poi dipingendole e posizionandole negli scatti. In mostra è presente anche un calco del 2008 in vetroresina, davanti alla bandiera blu dell’Europa. Successivamente abbandono le sculture e si dedica a una più vivida e coinvolgente presenza di persone reali: lui stesso nella grande maggioranza dei casi.
Con la sua arte Liu Bolin mette a fuoco le contraddizioni dell’uomo contemporaneo e indaga le relazioni tra il singolo individuo e la civiltà a cui partecipa, che lo coinvolge direttamente. Mostra anche le contraddizioni tra i tempi passati e quelli futuri, oltre che le differenze tra chi esercita il potere e chi lo subisce. Altre volte, soprattutto per gli scatti italiani, invita lo spettatore a soffermarsi in contemplazione della bellezza. I suoi scatti sono, insomma, un invito ad andare oltre alle apparenze e a una visione superficiale del mondo per scoprire ciò che spesso abbiamo sotto gli occhi.
Liu Bolin nel 2013 fu anche un relatore di TED, dove incentrò il suo discorso su temi politici e sociali che sono alla base della grande maggioranza delle sue opere.
La mostra Visibile Invisible in scena al MUDEC di Milano ospita circa cinquanta fotografie in cui Liu Bolin affronta problematiche sociali , identità culturali e luoghi emblematici che hanno segnato il suo vissuto.
Gli scatti stampati in grande formato sono accompagnati da una statua iniziale che mostra un esempio di mimetizzazione del soggetto con lo sfondo. Questo set è tratto dallo scatto Bandiera dell’Unione Europea del 2008. Oltre a ciò e alle fotografie sono presenti tre video che ci permettono di capire le tematiche affrontate e come le sue opere nascono e vengono progettate.
La mostra Visible Invisible è la seconda mostra fotografica ospitata dal MUDEC dalla sua apertura ed è curata da Beatrice Benedetti. Per l’occasione sono state realizzate alcune opere in cui Liu Bolin si mimetizza nella collezione permanente del museo, oltre ad altre fotografie inedite mai mostrate prima e scattate nel capoluogo lombardo.
Tra le opere in mostra in Visible Invisible anche quelle del ciclo Migrants che, come vedremo in seguito, si legano strettamente alle tematiche care del MUDEC.
La mostra Visible Invisible è aperta dal 15 maggio al 15 settembre 2019 ed è ospitata nell’edificio giallo che sorge adiacente all’edificio principale del MUDEC. Questo spazio è stato nominato MUDEC Photo e, dopo la mostra di Steve McCurry “Animals” dello scorso anno, è la seconda mostra fotografica che ospita. Ci si può entrare direttamente dalla piazzetta antistante l’ingresso al museo ed è dotato di una sua biglietteria indipendente. All’interno della mostra non è purtroppo possibile scattare fotografie con macchine fotografiche, ma esclusivamente con smartphone o tablet.
Ecco come le opere in mostra sono organizzate.
La mostra si apre con una statua di Liu Bolin completamente mimetizzata con la bandiera Europea. Ciò perché diversi suoi lavori sono stati svolti nel vecchio continente. Il primo argomento trattato, però, riguarda i primi lavori dell’artista, quelli con cui è nata la tecnica che l’ha reso riconoscibile a livello mondiale e che sono racchiusi sotto il titolo “Nascondersi in Cina“.
Queste prime opere vennero create successivamente allo smantellamento del villaggio di Soujia Village a nord est di Pechino, dove l’artista risiedeva. La distruzione avvenne a partire dal 16 novembre 2015 su volontà delle autorità governative cinese. Fu in quel momento che in Liu Bolin scattò la miccia e diede il via alla serie di scatti Hiding in the City, nei quali l’autore racconta le realtà che lo circondano sfruttando la prospettiva e mimetizzandosici. In queste prime fotografie il suo corpo era più evidente, probabilmente per via della tecnica non ancora ottimizzata.
In Hiding the City il corpo dell’artista si fonde alle macerie del suo vecchio quartiere e proprio la sua presenza porta il fruitore dello scatto a soffermare meglio lo sguardo sull’opera, alla ricerca del dettaglio e inevitabilmente interrogandosi maggiormente su ciò che ha davanti. Queste opere, come quelle future, sono inevitabilmente frutto di un lavoro di team, dove il body painting è l’atto finale prima dello scatto che immortala il culmine della performance di Liu Bolin, che esce dalla mera fotografia per entrare nel campo più ampio dell’arte contemporanea.
Sempre all’interno di “Nascondersi in Cina” sono racchiuse altre foto dell’artista, meno distruttive e più positive. In queste vengono ritratti paesaggi urbani e monumenti di notevole interesse storico o artistico.
Di questa sezione fanno parte le opere:
La mostra continua con il breve ciclo Migranti, progettato e scattato in Italia nel 2015. In queste foto Liu Bolin allarga il campo e non è più l’unico protagonista delle sue foto, anzi lo diventa raramente. Lo sfondo di questo ciclo di foto sono i cosiddetti barconi della speranza, davanti ai quali l’artista posiziona i migranti africani ospitati all’interno dei centri di accoglienza siciliani.
Le fotografie sono varie e mirano ad attirare l’attenzione pubblica su questa emergenza che da anni tiene banco e che, purtroppo, non ha ancora trovato una soluzione in grado di mettere d’accordo tutti nell’inevitabile e imprescindibile accoglienza di queste persone che sfidano la morte per scappare da qualcosa che probabilmente è peggio della morte stessa.
Tra queste opere:
Con la serie di fotografie raccolte sotto il nome di “Il tuo mondo” si ripercorrono le maggiori opere di Liu Bolin, scattate in giro per tutto il pianeta. E così si possono riconoscere delle famose location scattate in oltre duecento opere che arrivano da luoghi iconici del mondo.
Tra queste non mancano delle mimetizzazioni a Ground Zero o con il Toro di Wall Street, ma anche con le famose cabine telefoniche londinesi o con prodotti di largo consumo che, facilmente, lasciano intendere il luogo in cui sono state scattate. Telefoni cellulari, ma anche riviste o prodotti da supermercato sono i protagonisti indiscussi di queste fotografie che richiedono un lavoro certosino del bodypainter. In questo caso, nonostante sia inevitabile interrogarsi su dove una fotografia sia stata scattata, si pone l’attenzione sul fatto che queste risultino familiari allo spettatore a qualsiasi latitudine del mondo, attraverso un processo di globalizzazione che ha portato a uniformare i consumi.
In questa sezione è presente anche lo scatto “Islanda numero 1” del 2017 e prodotto in collaborazione con Annie Leibovitz in cui Liu Bolin è immortalato mentre indossa un capo della collezione autunno inverno di Moncler, su uno dei ghiacciai islandesi.
La volontà di uniformare la visione dello spettatore per rendere la sua opera universale, è resa grazie all’abbigliamento dell’autore. Liu Bolin indossa sempre la stessa uniforme a metà tra il civile e il militare con lo scopo di omologare la sua figura a qualsiasi altro cittadino senza riferimenti a un determinato luogo o periodo.
L’ultima parte della mostra Visible Invisible è dedicata al capitolo italiano: Nascondersi in Italia. Questa sezione si pone totalmente agli antipodi rispetto ai fatti che hanno scatenato la creatività dell’artista: mentre in Cina venivano smantellati interi quartieri, l’Italia fonda la sua ricchezza e la sua cultura sul mantenimento e la valorizzazione del suo inestimabile patrimonio storico-artistico.
Nascondersi in Italia, concepita nel 2008, è stata realizzata tra le più famose delle nostre città. Roma, Milano, Caserta e Pompei sono solo alcune delle mete di Liu Bolin che dimostra una grande passione per il patrimonio italiano e, in particolar modo, per le sculture. Tra il 2018 e il 2019 infatti l’artista si è concentrato su due grandi lavori di Michelangelo: la Pietà Rondanini, ospitata nel castello sforzesco di Milano e il Mosè di San Pietro in Vincoli a Roma.
Tra le città toccate dalle opere in mostra c’è Pompei, con la sua villa dei Misteri nel 2012, Roma con i suoi più celebri monumenti: dal Colosseo (2007) al ponte Sant’Angelo (2012), piazza di Spagna (2018) o il Mosè San Pietro in Vincoli. Il suo viaggio continua anche a Caserta, all’interno del Teatro di Corte, e arriva a Milano con il suo Duomo e il teatro alla Scala entrambi fotografati nel 2010.
In questa sezione è presente anche il lavoro site-specific per il MUDEC, dove l’artista si è immortalato e mimetizzato con alcune opere della collezione permanente del museo milanese nelle date del 15 e 16 aprile 2019 e lo scatto è mostrato qui in anteprima mondiale. Al fianco di queste grandi stampe è invece appesa la divisa utilizzata da Liu Bolin durante le foto, ancora verniciata dagli scatti fatti. Questo lavoro è raccontato anche da un brevissimo video in cui l’artista parla in cinese e che per sua stessa scelta non è stato tradotto ne sottotitolato.
Tra i brevi video mostrati in loop all’interno della mostra Visible Invisible, ce n’è uno dove si può vedere anche come viene messa in pratica una delle sue opere. Dopo aver scelto il luogo in cui scattare e determinato qual è l’orario migliore, spesso le prime luci dell’alba per evitare che gli spazi pubblici siano affollati di persone, Liu Bolin sceglie l’angolo di ripresa ed effettua degli scatti di prova.
Spesso l’artista indossa una stessa divisa sulla quale, in base all’angolazione della fotografia, suddivide lo spazio e disegna delle forme con dei riferimenti ai colori di cui dovrà essere tinta per meglio fondersi con lo sfondo alle sue spalle. Successivamente, tolta la divisa questa viene pitturata e dopo averla reindossata, si passa al body painting sulle parti che rimangono scoperte come il viso e le mani. Solo a questo punto l’immagine viene scattata e il progetto termina.