Il museo egizio di Torino è il museo egizio più importante del mondo al di fuori dell’Egitto. Visitandolo potrai percorrere 4.000 anni di storia ed arte di questa civiltà, attraverso una raccolta di statue, papiri, sarcofagi, oggetti di vita quotidiana e perfino mummie.
È molto interessante scoprire anche come è nato il museo egizio di Torino, e potrai farlo in uno spazio dedicato all’interno del museo, dove scoprirai che i Savoia diedero un forte impulso nella creazione del museo.
Perché il museo egizio di Torino è così importante
Come raggiungere il museo egizio di Torino
Breve storia del museo egizio di Torino
Le origini delle collezioni egizie
La nascita del museo
Le nuove acquisizioni
Visita del museo egizio di Torino
Secondo piano
Primo piano
Pian terreno
Orari del museo egizio di Torino
Prezzi del museo egizio di Torino
Il museo egizio di Torino è così importante perché è il più grande museo egizio al di fuori dell’Egitto. Fondato nel 1824, raccoglie una collezione enorme, di oltre 40.000 reperti, di cui solo 3.300 esposti nelle sale del museo. A questi 3.300 pezzi se ne aggiungono altri 11.000 raccolti nei depositi visitabili.
Il museo egizio di Torino è in via Accademia delle Scienze 6, in pieno centro storico. Il modo più comodo per raggiungerlo è attraverso i mezzi pubblici. Potrai arrivare in treno alla stazione di Torino Porta Nuova e da qui giungere al museo in una decina di minuti a piedi percorrendo via Lagrange che diviene poi via Accademia delle Scienze.
Dalla stazione Porta Nuova puoi prendere anche i bus 58 e 58B e scendere alla fermata Bertola-1642, oppure il tram 4 e scendere alla fermata Bertola-247.
Se sei a Torino puoi raggiungere la stazione di Porta Nuova anche in metro, con la linea 1.
Se invece preferisci raggiungere il museo in auto devi sapere che l’area del museo è soggetta a ZTL dal lunedì al venerdì dalle 7:30 alle 10:30. Fuori da questi orari puoi parcheggiare al parcheggio Roma – San Carlo – Castello, a cui puoi accedere da piazza Castello angolo via Viotti, da piazza Carlo Felice e da via Lagrange.
Il museo egizio di Torino venne fondato nel 1824, ma il legame tra la città e l’Egitto nacque molto prima.
Era il 1563, quando i duchi di Savoia spostarono la loro capitale da Chaméry a Torino. In quel contesto vennero attuati alcuni lavori di fortificazione e, nel 1567, venne scoperta la base di una statua di epoca romana con un’iscrizione in latino che la legava a un santuario dedicato ad Iside. Tanto bastò agli storici di corte per supporre che la città di Torino avesse origini egiziane.
Ciò portò i Savoia ad acquistare una collezione di antichità dai Gonzaga di Mantova tra il 1626 e il 1630. Nella collezione era compreso un reperto egittizzante: la Mensa Isiaca.
I legami con l’Egitto continuarono anche in seguito, quando ad esempio re Carlo Emanuele III di Savoia patrocinò il viaggio del medico Vitaliano Donati in Egitto durante il 1759. L’obiettivo del medico, professore di botanica all’università di Torino, era quello di completare un orto botanico, ma anche di far pervenire qualche pezzo di antichità, manoscritto raro e mummie dall’Egitto. Da quel viaggio arrivarono tre grandi statue in pietra.
Questo fu solo il primo dei numerosi viaggi che già nel settecento si susseguirono con lo scopo principale di portare in Europa ogetti e raffigurazioni dell’arte egiziana. Le case regnanti europee finanziavano questi viaggi, che non avevano più il solo scopo della scoperta, ma quello di prelevare oggetti che arricchissero le loro collezioni e coltivare rapporti commerciali con le popolazioni locali.
Nel 1799 venne scoperta la celebre stele di Rosetta, che diede il via all’Egittologia e alla decifrazione dei geroglifici. Legato all’interpretazione dei geroglifici c’è anche lo studio del cosiddetto Libro dei Morti, ovvero lunghi papiri che contenevano le istruzioni per la protezione e la resurrezione dei defunti nell’aldilà. Uno dei più importanti, lungo quasi 19 metri era conservato (e lo è tutt’ora) a Torino e richiamò qui diversi studiosi.
Carlo Viadua, conte di Conzano, a inizo ottocento si occupò di fare da intermediario tra Drovetti, celebre collezionista d’arte, e la corte di Savoia per acquistare pezzi egiziani. L’obiettivo era chiaro, creare in Italia il primo e più ampio museo egizio. Oltre a ciò viaggiò in prima persona in Egitto raccogliendo ulteriori pezzi che portò in Italia alla corte di Vittorio Emanuele I prima, e Carlo Felice poi.
La collezione dei Savoia era ormai importante, e per ospitare il primo museo egizio di Torino nel 1823 venne identificato un sontuoso edificio barocco a poca distanza dalla residenza reale. Era il palazzo nato come Collegio dei Nobili e poi trasformato nel 1783 nella sede della Reale Accademia della Scienze, che ancora oggi ne occupa una parte. Vennero fatti alcuni lavori per adeguare il palazzo che ospitò oggetti in pietra e statue al pian terreno e gli altri oggetti ai piani superiori. Ancora oggi il museo egizio di Torino ha sede qui.
A iniziò novecento fu Ernesto Schiaparelli il direttore del museo egizio di Torino. Fu lui a cambiare modalità per reperire nuovi reperti: anziché acquistarli, finanziò direttamente scavi archeologici in Egitto. Tra il 1903 e il 1920 promosse ben dodici campagne di scavo, richiedendo e ottenendo dai Savoia i fondi necessari. Gli scavi continuarono anche negli anni trenta, sotto la guida di Giulio Farina. I reperti trovati venivano poi divisi tra l’Egitto e il museo egizio di Torino.
Durante la seconda guerra mondiale si affrontò per la prima volta la necessità di proteggere i reperti. Inizialmente vennero conservati all’interno dell’edificio, avvolgendo le grandi statue con armature in legno, riempite di sabbia, mentre i pezzi trasportabili furono portati nei sotterranei. Nel 1941 vennero anche protette le finestre del palazzo, dotandole di grandi tavole in legno di abete. Giulio Farina, l’allora direttore, insistè però affinché i reperti fossero allontanati dal palazzo e ottenne l’autorizzazione a spostare i pezzi trasportabili nel castello di Agliè, mantenendo solo le grandi statue all’interno del museo. Con il termine della guerra i pezzi vennero riportati nel museo e creato un nuovo allestimento sotto la nuova direzione di Ernesto Scamuzzi. Nel 1946 il museo era nuovamente aperto al pubblico.
Anche negli anni sessanta il museo tornò in Egitto con lo scopo di recuperare il tempio rupestre di Ellesiya, donato dal governo egiziano all’Italia.
Il museo egizio di Torino ha raddoppiato i propri spazi espositivi nel 2015 ed oggi si sviluppa su 4 piani, attraverso 15 sale. La visita sarà un viaggio avvincente tra i numerosi reperti e non durerà meno di un paio d’ore, ma può facilmente arrivare a un’intera mezza giornata. L’intero percorso museale è lungo circa due chilometri e mezzo!
La visita comincia dal piano interrato, dove si trova anche la biglietteria. Questo spazio racconta la storia del museo e la sua evoluzione, anche grazie ad alcune fotografie che descrivono le campagne di scavo in Egitto. La visita procede poi raggiungendo il secondo piano e scendendo successivamente al primo e al pian terreno.
Potrai scegliere di seguire diversi percorsi espostivi, anche grazie alle mappe che troverai in biglietteria. Qui a seguire ti indico i reperti principali che potrai vedere nei vari piani del museo egizio di Torino.
Qui al secondo piano trovi uno dei più celebri reperti del museo egizio di Torino, ovvero la mummia di Gebelein, risalente al periodo Predinastico e portata alla luce nel 1920. In quel periodo le persone erano sepolte in posizione fetale in buche ovali o circolari e la terra sabbiosa, ricca di ossido di sodio, favoriva la conservazione del corpo per dissecazione naturale. Questo portava a un fenomeno di mummificazione in maniera naturale.
Questa mummia è di un uomo di circa quarant’anni, vissuto circa 5.600 anni fa e oggi disposto in posizione fetale all’interno di una grande teca. Intorno al corpo sono disposti alcuni oggetti appartenenti al corredo funerario. Tra questi ci sono frecce, ceste e un paio di sandali.
A poca distanza troverai la Tela di Gebelein, ovvero una tela di lino dipinta risalente al 3.600 avanti Cristo circa. Questa tela venne ritrovata durante degli scavi avvenuti nel 1930 che portarono alla scoperta di una necropoli con oltre ducento tombe. Una di queste conservava la tela ripiegata e deposta sul fianco di un defunto. Le scene dipinte riportano a un paesaggio nilotico, con barche e figure umane intente a svolgere diverse attività. La Tela di Gebelein è anche il più antico esempio conosciuto ad oggi di pittura su lino.
Sempre al secondo piano potrai inoltre osservare migliaia di oggetti e utensili provenienti dall’antico Egitto e che descrivono la vita quotidiana. Questi sono conservati in delle teche note come Galleria della Cultura Materiale, e sono esposti qui a partire dal 2015, mentre fino a quel momento erano conservati nei magazzini del museo.
Qui potrai vedere anche il sarcofago di Duaenra, un massiccio sarcofago in pietra conservato dentro alla tomba di Duaenra, un principe figlio del faraone Chefren e della regina Meresankh. Uno dei lati obliqui di questo sarcofago presenta un taglio obliquo, per poterne facilitare il trasporto.
A poca distanza ci sono le stele falsa-porta provenenti dalle tombe di Iteti e della principessa Uhemnefret. Questo elemento era piuttosto usuale al tempo e simulava la presenza di una vera e propria porta che serviva a mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello del defunto. Le false-porte erano poi decorate con bassorilievi che raccontavano la storia del defunto.
Procedi fino alla tomba degli Ignoti. Qui puoi vedere quattro sarcofagi di cui uno in pietra, con il loro corredo funerario e la mummia ospitata nel sarcofago in pietra. Questa è molto particolare, perché a differenza di quanto veniva fatto solitamente, le braccia sono separate dal resto del corpo e non avvolte al tronco. Anche la maschera che di solito copriva il volto è assente e sostituita da un disegno, in nero, direttamente sulle bende. La tomba degli Ignoti deve il suo nome al fatto che non è stato possibile risalire ai nomi delle persone qui sepolte. Questa era composta da tre camere, di cui una vuota, e l’altra con mummie, sarcofagi e corredi funerari.
Da non perdere sono anche le pitture della tomba di Ifi e Neferu risalenti al 2.100 avanti Cristo circa. Questa tomba era di tipo semirupestre, ricavata cioè in cavità naturali e completata da muri e copertura a volta in mattoni. Era possibile accedervi attraverso un corridoio lungo trenta metri che conduceva ad undici stanze affiancate tra loro. Dieci contenevano il corredo funerario, mentre l’undicesima, la più grande e decorata, era la capella di culto dei proprietari. In queste stanze vennero scavati anche i pozzi funerari contenenti le mummie dei proprietari.
Concludi il secondo piano con la tomba di Ini con una cassa decorata e pezzi in legno del corredo appartenuto a un nobile guardasigilli. Questo è il primo sarcofago che presenta delle iscrizioni sulla cassa e anche il disegno di due occhi. Attraverso questi occhi Ini avrebbe potuto guardare nell’aldilà.
Scendendo al primo piano dirigiti subito alla cappella di Maia e Tamit. Qui è stata ricreata la cappella dell’artista Maia e di sua moglie, prelevando le pitture della cappella ritrovata a Deir ed-Medina. Le decorazioni erano applicate a tempera sulle pareti composte di mattoni di fango intonacate. Davanti puoi vedere la stele funeraria di Maia, ritrovata vicino alla sua cappella e dove puoi vedere Maia e la moglie Tamit in adorazione di Osiride e Hathor.
Poco distante c’è anche la Stele dell’Artigiano, una stele ospitata nella tomba di Nakhtmin e Nu che descrive la vita di tre generazioni di artigiani di Deir el-Medina.
Non puoi inoltre perdere la tomba di Kha e Merit, marito e moglie vissuti nel 1.400 avanti Cristo. Questo luogo, riportato alla luce nel 1906 da Ernesto Schiaparelli, custodiva sarcofagi sfarzosi con dentro le mummie e un ricco corredo funerario con monili, oggetti per la cura della persona, la parrucca di Merit e anche il Libro dei Morti. Kha fu direttore e architetto della necropoli della Valle dei Re e fu lui stesso a progettare il suo sarcofago e la sua tomba. Puoi vedere qui sia gli oggetti del corredo funerario che le tuniche appartenute a Kha.
Sarai ora pronto ad accedere ad una delle zone più incredibili del museo egizio di Torino, chiamata “Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?“. Qui è presente una grande teca costruita per conservare ben 91 mummie che fanno parte della collezione del museo e sei di esse vengono rese visibili al pubblico, attraverso delle speciali pellicole. Le sei mummie scelte appartengono a persone di età differenti, partendo da un feto e giungendo a quella di una donna cinquantenne che, all’epoca, rappresentava l’età della maturità.
Le mummie venivano adagiate in sarcofagi, e il prossimo spazio è proprio la galleria dei sarcofagi. Qui troverai esposti numerosissimi di questi scrigni con le decorazioni più disparate. Ti sorprenderai a vedere che alcuni di questi erano riservati agli animali, che venivano sepolti in necropoli dedicate o vicini ai loro padroni.
La visita al museo egizio di Torino sta volgendo al termine, ma ti manca ancora il pian terreno dove sono posizionate le grandi statue che caratterizzano questa vasta collezione.
Passerai per le statue delle sfingi per poi arrivare alla Galleria dei Re. Le sfingi rappresentavano i faraoni e le regine in figure con corpo di leone e volto umano. Questo era il simbolo della potenza dell’animale con quella dell’intelligenza umana. Coppie di sfingi erano solitamente poste all’ingresso dei templi a svolgere il ruolo di guardiani.
La Galleria dei Re, caratterizzata da un’illuminazione soffusa, conserva le grandi statue dei faraoni Ramesse II, Seti II, Thutmosi III, Amenofi II, Tutankhamon e Horemheb, oltre a quelle delle divinità Amon, Hathor e Sekhmet. Rimarrai sorpreso dalla loro imponenza, che ha richiesto anche l’adeguamento dello spazio affinché fosse adatto ad ospitarle.
Recentemente è stato previsto un ingresso separato per accedere e visitare il tempio di Ellesiya, in cui si può entrare gratuitamente attraverso via Eleonora Duse. Per questo motivo non potrai accedervi direttamente durante il percorso di visita dopo aver visto la Galleria dei Re, ma dovrai scegliere di vederlo prima o dopo la visita al resto del museo.
Il tempio di Ellesiya è un tempio donato dall’Egitto all’Italia come ringraziamento per l’operazione di salvataggio dei siti presenti tra Abu Simbel e la Nubia. L’intero tempio è stato ricostruito qui al museo egizio di Torino e rappresenta il luogo fatto costruire da Thutmosi III e ulteriormente decorato dai faraoni Akhenaten e Ramses II, per poi essere modificato dai cristiani che aggiunsero croci e stelle a cinque punte. Gli interni erano disposti su di una pianta a T rovesciata formata da un corridoio e due camere laterali. Sulle pareti sono scolpite scene di offerta da parte del re agli dei egizi e nubiani. Sulle pareti di fondo sono inoltre scolpite le statue di Horus, Satet e Thtmosi III in trono.
Il museo egizio di Torino è aperto tutti i giorni dell’anno ad esclusione del Natale. Gli orari sono i seguenti:
I prezzi di ingresso al museo egizio di Torino sono i seguenti:
Il mio consiglio è di acquistare il biglietto online per la data e fascia oraria (d’ingresso) desiderata, così da evitare fila in biglietteria o il rischio di non trovare disponibilità. Puoi acquistare il biglietto direttamente qui, dal sito ufficiale.