Senigallia è conosciuta principalmente per il Summer Jamboree, la festa incentrata sulla cultura e la musica di metà dello scorso secolo, e per il suo mare. Non a caso tra le cose da vedere c’è la mitica Rotonda sul Mare, che si pensa erroneamente essere citata in una canzone di Fred Bongusto.
In realtà però Senigallia è una bellissima destinazione da visitare anche al di fuori della stagione estiva. Un centro vivace e ricco di edifici storici, una passeggiata lungo il fiume Misa e i porticati che vi scorrono al fianco, una visita alla rocca Roveresca sono solo alcune delle cose da vedere in città.
Dove si trova Senigallia
Cosa vedere a Senigallia
Porta Mazzini
Chiesa di Santa Maria Assunta o Chiesa dei Cancelli
Piazza Garibaldi
Palazzo Micciarelli o Palazzo della Filanda
Collegio Ginnasio Pio IX
Palazzo delle Dogane – il Doganone
Palazzo Becci
Palazzo Vescovile – Pinacoteca Diocesana
Auditorium San Rocco
Duomo di Senigallia – Cattedrale di San Pietro Apostolo
Via dei Portici Ercolani
Rione Porto e Strada Grande
Porta Lambertina
Piazza Doria
Chiesa dell’Immacolata
Chiesa della Croce
Piazza Roma
Palazzo Comunale di Senigallia
Piazza del Duca
Fontana dei Leoni
Palazzo del Duca
Palazzetto Baviera
Rocca Roveresca
Foro Annonario
Rotonda a Mare
Fontanella delle Oche
Porta Ancona
Teatro La Fenice
Scavi Archeologici di Senigallia
Mappa itinerario di Senigallia
Il Summer Jamboree
Senigallia è una bella cittadina sulla costa Adriatica, tanto che dal centro storico in appena cinque o dieci minuti a piedi si può arrivare agli stabilimenti balneari e alle sue “spiagge di velluto“, così conosciute per via della sabbia morbida e vellutata.
La città di Senigallia è nelle Marche e, più precisamente, in provincia di Ancona, dalla quale dista appena una trentina di chilometri, percorribili in quaranta minuti d’auto o venti minuti in treno.
La maggior parte del centro storico di Senigallia si sviluppa a sud del fiume Misa, che sfocia nel mare Adriatico proprio a nord della città, nel porto Penelope.
Il centro storico di Senigallia è una piacevole scoperta, da fare anche al di fuori del periodo estivo o del festival del Summer Jamboree, quando le vie sono più tranquille e più facilmente visitabili. Ovviamente d’estate si può unire una giornata al mare a una bella passeggiata tra i suoi vicoli o trattenersi anche un paio di giorni per rilassarsi un po’. Le spiagge delle Marche sono infatti tra le più belle del centro nord Italia.
La città è sufficientemente raccolta da poter essere visitata completamente a piedi in una bella passeggiata di qualche ora. Le distanze tra un’attrazione e l’altra sono piuttosto brevi e le stradine ben conservate, pulite e vivaci del centro attireranno l’attenzione anche tra un punto d’interesse e l’altro. Particolarmente sorprendenti sono anche gli scavi archeologici rinvenuti al di sotto del teatro La Fenice e liberamente accessibili durante il giorno.
Ecco dunque le cose da non perdere in una visita di Senigallia.
Noi facciamo il nostro ingresso a Senigallia per via di una delle sue porte storiche, porta Mazzini, conosciuta anche con il nome più antico di porta Colonna. Inizialmente era infatti titolata a Antonio Branciforti Colonna, il presidente della Legazione di Urbino in carica durante la costruzione della struttura, tra il 1758 e il 1760.
In quel periodo la città di Senigallia si stava ampliando e la costruzione delle porte si inseriva in un’opera di allargamento dei confini. Solo nel 1885 la struttura venne rinominata porta Mazzini, ma nel frattempo veniva identificata anche come porta Maddalena, per via della vicinanza all’omonima chiesa. Durante i massicci lavori di ristrutturazione urbanistica di quel momento si progettò anche una deviazione del fiume Misa, che non venne in realtà mai operata ma che portò solo a un raddrizzamento dell’ansa che passava nelle strette vicinanze della chiesa.
L’attuale aspetto di Porta Mazzini riflette quello del progetto originario, che non venne però seguito alla lettera nella sua prima costruzione, quando durante i lavori venne modificato con l’erezione di un’altana a tre arcate sormontate da un orologio. In seguito al terremoto del 1930 che fece crollare la parte superiore della porta venne ricostruita con un timpano trapezoidale sorretto da paraste in intonaco che imitano l’aspetto bugnato.
Subito al di fuori di Porta Mazzini si trova un grande parcheggio pubblico, noto come parcheggio della pesa, perché anticamente qui si trovava la pesa pubblica.
Prendendo via testaferrata e procedendo in direzione del cuore del centro storico, ci si trova ad attraversare via Arsilli, su cui, a sinistra, sorge la chiesa dei Cancelli o chiesa di Santa Maria Assunta.
Accediamo alla chiesa di Santa Maria Assunta per via di un cancello e ci ritroviamo davanti a una struttura ottocentesca ottimamente conservata. Proprio la presenza di questo cancello le è valsa il nome di chiesa dei Cancelli. Già dal 2003 lo spazio è stato sconsacrato e viene invece utilizzato come auditorium e sede di mostre temporanee.
In realtà la chiesa di Santa Maria Assunta venne costruita tra il 1760 e il 1770 su commissione della compagnia di San Giuseppe e Carità. I lavori ottocenteschi si resero poi necessari per abbellire la chiesa e consegnarla ai Gesuiti. La chiesa serviva infatti come luogo di culto ad utilizzo del Ginnasio Pio, la cui entrata si trova su piazza del Duomo e che occupa lo stesso isolato della chiesa. Nonostante lo spazio sia stato sconsacrato, internamente si trovano ancora altari in marmo, decorazioni in bassorilievo, lesene e una piccola cupola con motivi geometrici. Il tutto lungo una pianta a croce latina.
Esternamente, invece, la facciata si presenta in stile neoclassico con colonne ioniche che chiudono il portico e un attico con lo stemma del papa Pio IX. Dietro al cancello, a distanza di circa tre metri, si trova la facciata vera e propria.
In pochissimi passi ci ritroviamo nella piazza principale di tutta Senigallia, ovvero piazza Garibaldi, anche nota come piazza del Duomo. Anche questa prese l’attuale forma durante l’epoca settecentesca, quando la città era nel suo massimo successo e svariati visitatori e imbarcazioni arrivavano fino a qui. In quel momento la cinta muraria pentagonale che chiudeva la città risultava restrittiva per le mutate esigenze e quindi si decise di abbatterne una parte e ampliare i confini cittadini.
L’ampliamento venne validato e concesso da Papa Pio IX che vide in questi lavori la possibilità di creare un nuovo centro monumentale di Senigallia in cui riposizionare anche parte del potere pontificio. Lungo gli anni, però, la posizione più marginale rispetto al cuore del centro ne causò un parziale ammaloramento. Piazza Garibaldi veniva infatti utilizzata anche come parcheggio fino al 2016, quando un’importante opera di ristrutturazione l’ha riportata agli antichi splendori.
Delle recenti ricerche archeologiche in questo punto hanno riportato a galla i resti della più antica colonia di diritto romano sull’Adriatico, risalente addirittura al III secolo avanti Cristo. Gli scavi hanno permesso di stabilire anche le differenti destinazioni d’uso durante i secoli dell’attuale piazza, come quelle di orti e prati riservati alla chiesa della Maddalena durante l’epoca medievale, o di abitazioni e area di sepoltura nell’era alto medievale.
Attualmente su piazza Garibaldi si trovano alcuni dei più importanti edifici di tutta Senigallia, come il palazzo Micciarelli, opposto al collegio Ginnaio Pio IX, il Doganone, palazzo Becci, il palazzo Vescovile, l’Auditorium della chiesa di San Rocco e, all’opposto, il duomo di Senigallia ovvero la cattedrale di San Pietro Apostolo.
Appena arrivati nella lunga piazza Garibaldi il primo palazzo che ci troviamo esattamente di fronte è il palazzo Micciarelli, con uno stile un po’ decadente, ma dall’aspetto affascinante.
Conosciuto anche come palazzo della Filanda ha la particolarità di occupare un intero isolato e infatti, seguendo i suoi porticati che corrono lungo tutti e quattro i lati, si arriva fino al fiume Misa e alla via dei Portici Ercolani.
Le sue origini si fondano nel 1805, ma la sua storia è più antica. Nel 1758 infatti il consiglio dei nobili cittadini decise di regalare un’area adiacente alla piazza alla famiglia Antonelli, per costruire il proprio palazzo. Questa famiglia si era prodigata per ottenere dal papa Benedetto XIV l’autorizzazione ad ampliare la città e questo era per loro un grande riconoscimento. A distanza di qualche decennio però non era ancora stato posto alcun mattone e così il terreno venne ripreso dalla magistratura comunale e donato a Vincenzo Micciarelli, che si impegnò a costruirne un grande palazzo che si omogeneizzasse con i lunghi porticati in pietra d’Istria presenti sul lungocanale.
Il palazzo doveva avere dimensioni piuttosto generose e i lavori continuarono a lungo, ma dopo trent’anni, non avendo ancora completato l’edificio, Domenico Micciarelli, figlio di Vincenzo, decise di venderlo al conte Lovatti che finalmente lo ultimò nel 1835. Prima di questo intervento, il comune si propose di riassegnare il palazzo, bandendo una lotteria in cui questo rappresentava il primo premio. La lotteria non venne però mai svolta.
Una volta terminato il palazzo Micciarelli, il conte Lovatti ospitò all’interno della sua corte un teatro provvisorio in legno, che potesse essere utilizzato dalla cittadinanza in attesa che il teatro nuovo venisse ultimato.
Il nome di palazzo della Filanda va invece imputato al successivo proprietario, Corrado Hoza che dopo averlo acquistato lo trasformò in una filanda della seta, attività che continuò ad essere ospitata qui dentro dal 1867 al 1930, quando un grosso terremoto investì Senigallia e causò diversi danni.
Quello che si può vedere oggi del palazzo Micciarelli è una spaziosa facciata, caratterizzata da quattro portici laterali e sei colonne che sorreggono il piano superiore. Tutto intorno al palazzo si trovano lunghi porticati in pietra d’Istria che permettono ai turisti di passeggiare al riparo da eventuali intemperie e vedere le vetrine dei negozi che qui hanno preso sede.
All’opposto del palazzo della Filanda si trova invece il collegio Ginnasio Pio IX, un altro bell’edificio, ottimamente conservato e che anch’esso occupa un intero lato di piazza Garibaldi.
Le origini di questo edificio in pietra e mattoni sono fatte risalire proprio al papa Pio IX, che con la bolla Senogalliae Urbis del 1853 fondava l’istituzione del Ginnasio Pio. Adiacente veniva costruito anche il collegio per i giovani che qui studiavano e che erano affidati ai padri Gesuiti fino a quando non vennero cacciati e il Ginnasio passò alla gestione comunale e negli anni fu spostato anche di sede.
Il palazzo continuò a servire come luogo di studio o di convitto fino al 1930, quando il terremoto cittadino colpì duramente anche questo edificio. Dopo la ristrutturazione e la messa in sicurezza furono varie le mansioni svolte dal palazzo: ospedale durante la seconda guerra mondiale, scuola elementare, media e magistrale, uffici comunali, ed altre fino ad arrivare ai giorni nostri dove il palazzo del collegio Ginnasio Pio IX è stato suddiviso in due per differenti scopi: una metà ad uso del Comune e una metà ad uso della curia locale.
Oltre a quelli già citati, sono tanti altri gli edifici degni di nota su piazza Garibaldi e, tra questi, c’è anche il Doganone o palazzo delle Dogane. Già negli anni finali dell’ottocento ospitò al suo interno il liceo Perticari e spesso svolse la funzione di scuola, tanto che ancora oggi viene utilizzato come scuola media.
Il palazzo delle Dogane è facilmente riconoscibile tra gli altri per via del suo bel portone di ingresso riccamente decorato con bassorilievo incorniciato da due alte colonne di colore chiaro che sorreggono una grande targa sulla grande guerra, dotata di statue bronzee.
Su di un lato di piazza Garibaldi si trova anche il Palazzo Becci, proprio prima del grande duomo cittadino. Si tratta di un palazzo del XIX secolo costruito per un utilizzo residenziale.
Oggi al suo interno trovano spazio diversi uffici e attività pubbliche come negozi e botteghe e ciò permette ai cittadini di potervi accedere e visitarne, anche solo in piccola parte, gli interni.
L’ingresso è dotato di due alte colonne che sorreggono un piccolo terrazzino in pietra che richiama le decorazioni lineari delle finestre. I due piani di cui si compone sono dotati di finestre regolari e di una fila di lucernai posti nel sottotetto.
Il palazzo Vescovile si trova invece oltre al duomo. Fu proprio la diocesi locale a voler istituire un seminario vescovile, che era già in funzione nel 1578 e che venne insidiato proprio nel palazzo vescovile prima di essere spostato in altra sede. L’attuale palazzo vescovile di Senigallia venne costruito nel settecento sul progetto dell’architetto senese Paolo Posi. Le sue sale sono riccamente decorate da affreschi alle pareti, soprattutto nella Sala del Trono, dove anche la volta è arricchita con grandi stemmi papali e motivi ornamentali geometrici e fitomorfi.
Attualmente il palazzo vescovile ospita al suo interno anche alcune istituzioni aperte al pubblico: la pinacoteca diocesana di arte sacra, visitabile gratuitamente, e l’archivio storico diocesano. Nella pinacoteca è possibile vedere le numerose opere d’arte a carattere religioso che dal 1992 (bicentenario dalla nascita del papa Pio IX) sono aperte al pubblico. Gli oggetti qui esposti vennero realizzati tra il XVI e il XIX secolo e tra questi si trova anche il dipinto della Madonna del Rosario e San Domenico, di Federico Barocci, dipinto tra il 1588 e il 1592, nel quale la Madonna viene sorretta dagli angeli e con la mano sinistra stringe Gesù Bambino, mentre con la destra porge la corona del rosario a San Domenico.
All’opposto del duomo di Senigallia, su piazza Garibaldi, si trova l’auditorium San Rocco, ricavato all’interno della chiesa sconsacrata di San Rocco. La costruzione di questo edificio prese il via nel 1764, progettato come piccolo tempio votivo dedicato al santo, protettore contro il colera che spesso colpì la città.
Inizialmente la chiesa di San Rocco era dotata anche di campanile, che fu poi abbattuto dopo i danni riportati nel terremoto del 1930. Al suo interno la chiesa ospitava svariate opere d’arte, come i quindi quadri raffiguranti i misteri del rosario o la pala d’altare cinquecentesca ora visibile nella pinacoteca diocesana. Esternamente si presenta come una piccola e stretta chiesetta, dalle linee essenziali e sobrie, in stile neoclassico.
Successivamente al terremoto del 1930 venne privata di tutti gli arredi sacri e fu sconsacrata, trasformandola per un periodo in deposito comunale, fino alla ristrutturazione degli anni sessanta che la trasformò in piccolo auditorium e sala conferenze che può ospitare fino a 132 persone totali. L’auditorium San Rocco viene spesso utilizzato per concerti, convegni, matrimoni, e altre cerimonie.
L’ultimo dei più importanti edifici ad affacciarsi su piazza Garibaldi è il duomo di Senigallia, ovvero la cattedrale di San Pietro Apostolo. La sua storia è piuttosto movimentata e solo nell’ultima ricostruzione ha trovato qui la sua sede. Il duomo ha infatti avuto tre diverse collocazioni e ben cinque ricostruzioni.
La prima cattedrale venne costruita nel 567 e dedicata alla Vergine e a san Paolino e si trovava vicino al baluardo della Penna. Distrutta a più riprese, nel 1264 dai Saraceni e nel 1458 da Sigismondo Pandolfo Malatesta in seguito a diatribe con l’allora vescovo locale. Inizialmente il Malatesta costruì la cinta muraria cittadina escludendo la cattedrale e gli edifici vescovili, poi fece radere al suolo l’intero quartiere sostenendo che sovrastando troppo la città minava le difese del centro storico.
La seconda costruzione risale invece al 1493 quando il vescovo diede il via alla costruzione di una nuova cattedrale nei pressi della chiesa di San Pietro, vicino alla chiesa della Croce. Questo edificio si dimostrò presto inadatto, per dimensioni e conformazione, ad essere eletto a duomo, perciò venne raso al suolo e ricostruito nel 1538. Negli anni successivi la cattedrale continuò ad essere abbellita, ad esempio con ricchi conci di marmo sulla facciata. Per questioni di viabilità nella seconda metà del settecento venne abbattuta parte di questa chiesa, così da collegare il corso con la nuova strada che portava fino a porta Lambertina. Le nuove dimensioni la resero inadatta alla funzione di duomo.
Arriviamo così al 1773 quando il vescovo Bernardino Honorati trasferì il titolo di duomo di Senigallia nella chiesa costruita nel 1762 dai padri gesuiti, nella sua attuale posizione. Anche in questo caso i lavori proseguirono per svariati anni e, ad esempio, la facciata neoclassica risale al 1877 e fu un regalo del papa Pio IX che volle omaggiare la sua città natale. I lavori sul duomo di Senigallia furono continui, anche a causa di ripetuti terremoti che colpirono la struttura nel 1836, 1930 e 1997. La facciata è riconoscibile per i colori caldi e le otto lesene, in stile differente, sormontate da altre quattro colonne al piano superiore e da due volute laterali. L’accesso alla chiesa è possibile per via di tre portali, uno centrale dotato di timpano e due laterali di dimensioni inferiori.
Entrando dentro alla cattedrale di San Pietro Apostolo, la prima cappella a sinistra è dedicata a Pio IX e qui è presente la fonte battesimale in cui il papa ricevette il sacramento e una statua in bronzo aggiunta nel 1925. Gli spazi interni sono suddivisi in tre navate su di una pianta a croce latina e terminano in una cupola. Dentro alla sagrestia è presente anche un sarcofago del VI secolo, conosciuto come sarcofago di San Gaudenzio, perché al suo interno riposava il santo dal 590. Il corpo venne poi trafugato nel 1520 e portato a Ostra. Un’altra importante cappella presente dentro al duomo di Senigallia è quella della Madonna della Speranza, caratterizzata da otto colonne corinzie con base in marmo giallo e che conserva al suo interno una copia della statua della Madonna della Speranza.
Attraverso uno dei porticati di palazzo Micciarelli raggiungiamo il lungo fiume di Senigallia. I porticati dei palazzi ben si integrano con la via dei Portici Ercolani, di cui compongono un proseguio.
Via dei Portici Ercolani è una delle due strade del lungo fiume Misa a Senigallia. Tutta la strada è caratterizzata da edifici curati con lunghi porticati al pian terreno. Questi vennero fatti costruire a metà del XVIII secolo, in un momento di grande splendore di Senigallia, su iniziativa del cardinale Ercolani e su richiesta del papa Benedetto XIV. In totale si tratta di ben 126 arcate in pietra bianca d’Istria, che sono sostenute da pilastri quadrati che seguono tutto un tratto del fiume Misa.
Via dei Portici Ercolani venne costruita al posto delle vecchie mura di Senigallia e la loro struttura fu ideata per favorire il commercio e ospitare sia i commercianti che gli avventori del grande mercato, in un’area protetta dalle intemperie. A dare una spinta alla loro costruzione fu infatti la Fiera Franca o Fiera della Maddalena, che attirava numerosissimi commercianti grazie alla franchigia del porto. La manifestazione era talmente importante che da progetto si sarebbero dovuti costruire i portici anche sul lato opposto del fiume. Il lento declino della fiera a causa della perdita dei benefici fiscali di cui aveva goduto fino a quel momento, portò ad un blocco del progetto che non venne mai completato.
Ancora oggi in via dei Portici Ercolani viene ospitato il mercato settimanale del giovedì.
Via dei Portici Ercolani conduce fino al Rione Porto di Senigallia, che è raggiungibile attraverso uno dei due ponti che scavalcano il fiume Misa, uno dei quali si trova in corrispondenza della bella strada Grande.
Il Rione Porto venne inglobato all’interno delle mura cittadine solo quando a metà del XVI secolo venne realizzata la nuova cinta muraria pentagonale, allargando di fatto i confini cittadini. Così, questa zona, che prima era totalmente dedicata al porto divenne a tutti gli effetti parte della città, allineando i propri palazzi sulle vie perpendicolari al fiume. Le singole contrade qui presenti erano ricche di magazzini e abitazioni suddivise in base alla provenienza dei naviganti e, poco distante, si trovava un lazzaretto per la quarantena dei navigatori che giungevano qui.
Nonostante la posizione all’interno della nuova cinta muraria, però, il Rione Porto non era totalmente integrato nella città, per via della presenza delle vecchie mura malatestiane. Tutto cambiò nel settecento grazie alla fiera che attirava sempre più persone, provenienti anche dal fiume navigabile, e che richiedeva sempre più spazi in riva al canale e più alloggi per le persone che arrivavano in città. Con il benestare del papa Benedetto XIV, nel 1746 presero via grossi lavori di riqualificazione e di integrazione del Rione Porto con il resto del centro cittadino. Ecco dunque che vennero costruiti i portici Ercolani, venne prolungato il corso 2 Giugno anche oltre al fiume, venne creato un ponte levatoio e la nuova porta Lambertina. Questa era in diretta comunicazione con il resto della città attraverso la Strada Grande, così chiamata per le dimensioni larghe e spaziose che ancora oggi si possono osservare.
La Strada Grande è infatti una bella via, ricca di alberi e vegetazione, sulla quale si affacciano numerosi esercizi pubblici, come bar e negozi.
La Strada Grande termina nella Porta Lambertina, così chiamata in onore del Papa Benedetto XIV che si chiamava Prospero Lambertini e che autorizzò i lavori per questa parte del centro di Senigallia.
Porta Lambertina venne inaugurata nel 1751, proprio al termine di una prima grossa parte di lavori nel Rione Porto e venne posizionata in un tratto della mura Roveresche e svolgeva sia una funzione di controllo degli accessi, che scenica, proprio per via della sua posizione.
Il periodo di costruzione di Porta Lambertina e l’integrazione con il resto dei lavori del quartiere, è testimoniata dai materiali utilizzati per la sua edificazione, ovvero gli stessi impiegati anche per i portici Ercolani: laterizio esternamente e pietra bianca d’Istria internamente. All’interno della porta si possono vedere ancora oggi due lapidi che ricordano l’ideatore e l’esecutore di questo monumento, rispettivamente Giuseppe Maria Ercolani e l’architetto Alessandro Rossi.
Esternamente alla porta, dove oggi è presente una strada trafficata, si trovava un grande fossato che correva intorno alle mura cittadine. In quel periodo venne quindi costruito un ponte levatoio che permettesse di attraversarlo.
Dopo il terremoto del 1930 si decise di abbattere gli edifici addossati alla porta e restaurare quest’ultima, per il suo valore monumentale e simbolico. Questa scelta favorì anche la gestione del crescente traffico in ingresso alla città.
Da Porta Lambertina riprendiamo la nostra visita tra le cose da vedere a Senigallia riattraversando il fiume Misa e prendendo corso II Giugno. Dopo pochissimi passi ci troviamo alla nostra destra piazza Doria, che più che l’aspetto di una piazza ha quello di un piccolo incrocio.
Siamo in un’area pedonale di Senigallia e intorno a noi ci sono bei palazzi signorili con al pian terreno le vetrine di bar, ristorantini e negozi. Proprio davanti a noi è presente un alto e stretto palazzo arancione che definisce la creazione di due vie parallele che trasformano piazza Doria in un bivio.
Prendendo la via di sinistra possiamo vedere dopo poco la facciata della chiesa dell’Immacolata. Le sue origini si fondano nel XVIII secolo, quando l’ordine della Disciplina ottenne la possibilità di costruire un oratorio per le proprie funzioni religiose, titolato ai santi Simone e Giuda. Dopo pochissimi anni, nel 1728, l’oratorio fu distrutto per lasciare spazio a una nuova chiesa inizialmente gestita dall’ordine dei Filippini.
Per un periodo questi spazi vennero gestiti direttamente dal comune di Senigallia, salvo poi riaffidarlo alla curia che nel 1904 titolò la chiesa alla Madonna Immacolata. Il terremoto del 1930 fece registrare gravi danni alla chiesa dell’Immacolata, che richiese una parziale ricostruzione.
Esternamente la facciata della chiesa dell’Immacolata è piuttosto semplice, con uno sviluppo verticale e una forma a capanna. Sul fronte si apre un unico portone di ingresso racchiuso tra due alte colonne che sorreggono una cuspide decorata. Sopra si apre un rosone in pietra traforato. Sui lati della facciata si trovano invece delle colonnette che giungono fino alla sommità e si incontrano con un bel cornicione con archetti e bassorilievi in pietra. Internamente la chiesa dell’Immacolata si presenta a navata unica, che confluisce in un grande arco dietro al quale si trova l’abside completamente affrescato e dotato di scranni in legno che lo circondano completamente.
Estremamente suggestiva tra tutte le chiese presenti a Senigallia è la Chiesa della Croce che incrociamo quasi per sbaglio durante la nostra passeggiata tra le cose da vedere in città. La stretta facciata in laterizio si presenta suddivisa verticalmente da quattro lesene dotate di capitelli corinzi che sostengono una trabeazione greca e un grosso timpano dotato di una monofora centrale, contornata da decorazioni geometriche in pietra.
A stupire particolarmente sono però gli interni, la cui forma è molto semplice e a pianta rettangolare. Verticalmente gli spazi risultano divisi in due livelli, uno inferiore scandito da pilastri e arcate cieche e uno superiore scandito da lesene in corrispondenza dei pilastri e a suddivisione delle finestre. Le decorazioni sono opulente e sfarzose, con un ricco color oro che brilla nei motivi tridimensionali del soffitto a cassettoni. Sull’altare fa bella mostra di se la Pala del 1592 che rappresenta la Sepoltura di Cristo, nella quale, sullo sfondo, è possibile riconoscere il palazzo ducale di Urbino.
L’aspetto della chiesa della Croce di Senigallia risale al 1608, quando la confraternita della Croce e Sacramento la commissionò per sostituire la precedente cappella del 1520. In quell’epoca la cappella si trovava ai margini della vita del centro storico, adiacente all’antica chiesa del Portone e fuori dalle mura Roveresche. Per questi motivi la confraternita fece costruire la nuova chiesa della Croce e la volle proprio nell’attuale posizione, estremamente centrale, proprio vicino a dove allora si trovava la cattedrale di San Pietro.
La chiesa della Croce era la più bella di tutta Senigallia e probabilmente lo è tutt’oggi. Ciò fece sì che aumentarono i fedeli che la frequentavano e quelli interessati al bel dipinto ospitato nella pala d’altare. Si resero quindi necessari alcuni lavori di ampliamento che iniziarono nel 1605 demolendo parte della chiesa e alcuni degli edifici confinanti. Già a distanza di tre anni i lavori erano piuttosto avanti e nonostante una ricchissima decorazione barocca interna, si volle mantenere una struttura cinquecentesca con ordini classici e una modularità delle decorazioni stesse, evitando le tipiche linee curve e cupole.
Un’altra delle piazze principali di Senigallia è piazza Roma, sulla quale sorge anche il palazzo comunale. La sua posizione è all’incirca a metà di corso due Giugno, perciò ha sempre rappresentato il cuore del centro storico.
Anche questo spazio è piuttosto regolare con la sue a pianta rettangolare. Tutto intorno al perimetro si trovano importanti palazzi storici signorili, tra cui il palazzo del settecento di Giulio Fagnano dei Toschi, un importante matematico.
Su piazza Roma è presente anche la fontana del Nettuno, inserita praticamente al di sotto del palazzo comunale, aggiunta qui nel XVII secolo. Questa è posizionata davanti a uno degli archi minori del palazzo e si crede che la statua del Nettuno che la caratterizza sia un ritrovamento archeologico risalente all’epoca romana. La statua venne ritrovata senza gli arti superiori e per questo motivo la fontana è anche nota come “I monc’ in piazza“, ovvero “il monco in piazza“.
A completare l’assetto di piazza Roma ci sono numerosi negozi e il dehors di un bar.
Il palazzo comunale di Senigallia è senza dubbio l’edificio più importante ad affacciarsi su piazza Roma. La sua costruzione cominciò nel XVII secolo, su volontà del duca Francesco Maria II della Rovere. Questo non era ovviamente il primo palazzo di questo genere presente in città, ma già a metà del XIV secolo se ne citava uno di cui oggi non si hanno molte notizie.
Ad occuparsi dell’erezione di questo edificio fu Muzio Oddi, il quale aveva da poco terminato i lavori per la costruzione della vicina chiesa della Croce. I lavori procedettero a rilento, anche a causa della mancanza di fondi economici. La prima parte ad essere completata, nel 1644, fu la torre dell’orologio che, ancora oggi, caratterizza la facciata del palazzo comunale.
Un altro elemento caratterizzante di tutto l’edificio è l’imponente scalone in pietra del Furlo, aggiunto nel 1754 e che conduce direttamente alla sala consiliare costruita nello stesso periodo. Come buona parte degli altri edifici cittadini anche il palazzo comunale di Senigallia riportò ingenti danni durante il terremoto del 1930, tanto che si ipotizzò di abbatterlo. I cittadini però si pronunciarono contro e così vennero fatti strutturali lavori di consolidamento che terminarono nel 1935.
La facciata del palazzo comunale di Senigallia è caratterizzata da tre grandi archi, divisi tra loro da due archi minori e due finestre quadrate. Sopra al grande porticato al pian terreno si sviluppano altri due piani e il lato sinistro dell’edificio è composto dalla torre dell’orologio dotata anche di cella campanaria che si innalza rispetto al tetto.
La piazza forse più famosa di tutta Senigallia è con ogni probabilità piazza del Duca, almeno per il fatto che davanti a questa si innalza la grande rocca Roveresca, simbolo di Senigallia.
Piazza del Duca deve il suo nome al duca Giovanni della Rovere che per un periodo fu signore di Senigallia. L’assetto attuale della piazza è riconducibile alla seconda metà del XV secolo, quando venne scavato il fossato intorno alla Rocca e lo spazio venne sistemato con materiale da riporto. Fu subito al centro della vita cittadina, ospitando esercitazioni militari e parate già dal secolo successivo.
Oltre agli edifici storici su piazza del Duca è presente anche una grande fontana di origine cinquecentesca, la fontana dei Leoni, conosciuta anche come fontana delle anatre e costruita su volontà di Francesco Maria II da Mastro Stefano di Tommaso, un tagliapietre veneto che voleva celebrare il prosciugamento delle paludi che si trovavano nei pressi del centro cittadino e che mettevano a repentaglio la salute pubblica. Terminato il progetto della fontana dei Leoni questa venne costruita tra il 1599 e il 1602, ed era alimentata dalle acque del nuovo acquedotto di San Gaudenzio.
Un intero lato di piazza del Duca è completamente chiuso dal palazzo del Duca, in posizione esattamente opposta a quella della rocca. Per la sua costruzione, avvenuta a metà del XVI secolo per creare una dimora per il duca Guidobaldo II della Rovere, vennero riutilizzati i palazzi già esistenti che furono uniti in un’unica struttura.
Il palazzo del Duca divenne fin da subito una sede di rappresentanza, e con gli anni venne ulteriormente rivisto ed ampliato. Per questo motivo l’ingresso attuale risulta decentrato rispetto al palazzo stesso ed è in concomitanza con la parte più antica dell’edificio. Il portale è caratterizzato da due colonne in pietra che sorreggono un piccolo frontone.
Al suo interno il Duca non viveva tutto l’anno, ma ci soggiornava solo in particolari occasioni, così come i suoi ospiti, che potevano godere delle parati militari direttamente dalle finestre che si affacciano sulla piazza sottostante.
Ancora oggi, entrando nel palazzo del Duca, che ora ospita mostre d’arte, è possibile accedere alla Sala del Trono, la quale è impreziosita da un soffitto con quarantanove cassettoni dipinti a grottesche e in uno di questi è raffigurato lo stemma di Guidobaldo II.
Un altro degli importanti palazzi su piazza del Duca è il palazzetto Baviera, quasi nascosto dietro la fontana dei Leoni. La sua struttura in laterizio è più bassa rispetto a quella del palazzo del Duca, e anche il suo ingresso risulta essere più anonimo. L’aspetto neoclassico è riconducibile ai lavori di ristrutturazione operati dopo il terremoto del 1930.
Ciò che sorprende è però il suo cortile interno, dotato di un piccolo porticato a tre archi su tre lati, finestre con lesene che poggiano su una sorta di finto terrazzino, un pozzo in pietra d’Istria decorato con gli stemmi dei Baviera e dei begli alberi di banano che regalano un po’ di verde a questo giardinetto.
Palazzetto Baviera venne eretto alla fine del quattrocento per Giovanni Giacomo Baviera, zio del signore di Senigallia Giovanni della Rovere, sulla base di un preesistente palazzo del secolo prima. Nonostante ciò alcuni importanti lavori vennero fatti anche durante il cinquecento, quando, ad esempio, vennero dipinte le volte delle cinque stanze al piano superiore.
Il palazzetto Baviera rimase dell’omonima famiglia fino al 1956, quando venne donato al comune insieme a tutti gli arredi che conteneva. Attualmente all’interno del palazzetto Baviera sono ospitate alcune mostre d’arte, come nel vicino palazzo del Duca.
Oltre a piazza del Duca si trova la grande struttura della Rocca Roveresca, contornata da un grande fossato (oggi giardino), sormontato da un lungo ponte in laterizio, dotato di numerose arcate. La posizione della rocca è verso la spiaggia, luogo ritenuto da sempre strategico per difendere il centro storico da eventuali incursioni nemiche via mare. Non a caso nel giardino, che anticamente rappresentava il fossato della rocca, è ancora possibile vedere una parte delle antiche mura di cinta cittadine.
Prima della rocca si trovava qui una torre romana del III secolo avanti Cristo, poi rimpiazzata da una torre medievale che venne ingrandita più volte tra il XIV e il XV secolo. Quando al potere salì Giovanni della Rovere, si decise che era giunto il momento per costruire una vera e propria rocca. I lavori cominciarono nel 1476 e nel 1482 la struttura della Rocca Roveresca era pronta. Furono diversi gli architetti che collaborarono alla gestione del progetto e che si susseguirono in questo breve arco di tempo.
La Rocca Roveresca racchiuse nella sua struttura le precedenti fortificazioni e le torri che si trovavano qui: i quattro larghi torrioni che ancora oggi definiscono il perimetro di tutta la struttura e che sono riconoscibili per i beccatelli in pietra bianca d’Istria, circoscrivono al loro interno le quattro torri quadrangolari della fortificazione malatestiana. Per questo motivo si tratta tecnicamente di due rocche, una racchiusa dentro l’altra. La rocca era circondata dal fossato d’acqua, da cui era diviso per via di un muro di cinta circolare, e il flusso delle acque era regolato per via di un sistema di portelle. La struttura della rocca Roveresca doveva servire sia ad uso residenziale, ma inglobare anche un alloggio per i militari che proteggevano i signori di Senigallia. Vennero quindi scavate delle lunghe gallerie che collegavano, in maniera sotterranea, la rocca al palazzo ducale.
Quando nel 1631 Senigallia passò al potere pontificio la rocca Roveresca venne utilizzata per diversi scopi, come quello di prigione, di orfanotrofio o di deposito militare. Solo negli anni settanta dello scorso secolo vennero fatti una serie di interventi di restauro che permisero alla rocca di essere aperta al pubblico.
Anche dentro alla rocca Roveresca di Senigallia vengono ospitate mostre d’arte e ciò trasforma ufficialmente piazza del Duca e gli edifici che la circondano nel polo museale cittadino.
A breve distanza a piedi della Rocca Roveresca si trova il foro Annonario di Senigallia. La sua posizione è adiacente al fiume Misa e alla via dei Portici Ercolani.
Il foro Annonario di Senigallia è un grande edificio neoclassico a pianta circolare, dotato di un’ampia piazza centrale e di alti porticati lungo il perimetro sorretti da 24 colonne in stile dorico e in laterizio. La struttura venne progettata nel 1834 da Pietro Ghinelli con l’apposito obiettivo di creare un grande spazio per il mercato cittadino, scopo che continua ancora oggi con bancarelle di pesce ospitate sotto ai porticati e quelle di frutta e verdura al centro della piazza.
I piani superiori lungo il perimetro del foro Annonario sono invece occupati dalla biblioteca e dall’archivio del comune.
Oggi gli spazi del foro Annonario, oltre che per il mercato, vengono utilizzati anche per eventi culturali e spettacoli, grazie alla tipica forma di un anfiteatro.
Un altro dei simboli di Senigallia è la Rotonda a Mare, che erroneamente si pensa sia stata cantata anche da Fred Bongusto (in realtà la canzone, scritta da Franco Migliacci, celebrava la rotonda sul lago Trasimeno nella località di Passignano). Per raggiungerla è necessario fare una breve passeggiata fino alla spiaggia, magari passando dal sottopassaggio della stazione dei treni.
Nonostante l’aspetto relativamente moderno, la Rotonda a Mare venne progettata già nella seconda metà dell’ottocento, quando l’architetto Vincenzo Ghinelli ne curò la struttura che fu poi costruita in legno, poco più a nord della sua attuale posizione. Una prima ristrutturazione avvenne nel 1910 quando passò in gestione a dei privati che la trasformarono in un hotel (Hotel Bagni) e irrobustirono la struttura con l’utilizzo di materiali più resistenti.
Nel 1932 venne deciso di spostare la Rotonda a Mare leggermente più a sud, nella sua posizione attuale e appena un anno dopo la nuova struttura venne inaugurata. Divenne subito famosa per le sue serate musicali, con orchestre e musica dal vivo. La sua reputazione divenne talmente ampia che nel 1935 arrivò a Senigallia addirittura il principe Umberto per poterla visitare. Il picco di celebrità giunse poi negli anni cinquanta e sessanta, dopo un breve periodo di utilizzo come magazzino militare.
Negli anni ottanta la Rotonda a Mare conobbe un grosso declino che la portò fino alla chiusura alla fine del decennio, salvo poi essere ristrutturata e riaperta nel 2006 per ospitare mostre, convegni, serate a tema e un piccolo bar.
L’icona delle oche o delle anatre deve essere particolarmente cara a Senigallia, tanto che usciti appena dal centro storico, in largo Puccini, ci imbattiamo in un’altra fontana che riporta lo stesso animale già visto nella fontana dei Leoni in piazza del Duca.
Questa volta la fontanella delle Oche si trova in largo Puccini e le sue dimensioni sono decisamente più esigue rispetto a quelle della sorella maggiore. Una vasca in pietra di forma ottagonale ha un rialzo al centro sul quale sono posizionate le due oche che gettano l’acqua all’interno del vascone. La forma è semplice, ma la storia della fontana è piuttosto antica, tanto che si narra che quando alla fine del XIV secolo venne terminato l’acquedotto di San Gaudenzio, questo alimentasse le tre importanti fontane cittadine: quella del Nettuno in piazza Roma, quella dei Leoni in piazza del Duca e quella delle Oche, costruita appena fuori le mura cittadine.
Rientrando nel centro storico di Senigallia passiamo per Porta Ancona, o meglio per il grande spazio che ora si trova dove anticamente era presente la porta. Ci troviamo esattamente in piazza Saffi, creatasi successivamente all’abbattimento totale di porta Ancona, anche conosciuta come porta Nuova, in seguito al terremoto del 1930. Il nome di porta Nuova gli venne dato nel cinquecento, per distinguerla da porta Vecchia, posta lungo il fiume. Una volta che quest’ultima venne abbattuta per lasciare spazio ai portici Ercolani, anche il nome di porta Nuova mutò in porta Ancona.
Porta Ancona venne costruita circa a metà del cinquecento e rappresentava uno dei cinque accessi al centro di Senigallia, lungo le mura di forma pentagonale. Inizialmente era composta da un unico edificio nel quale si apriva una grande fornice centrale e ai lati erano presenti i locali delle guardie, mentre ai piani superiori si trovavano le abitazioni delle guarnigioni. La porta era anche direttamente collegata al camminamento di ronda sulle mura, che correva lungo tutto il perimetro cittadino.
Oltre le mura era presente un fossato che poteva essere attraversato grazie ad un ponte con arcate in laterizio, simile a quello della rocca Roveresca. Durante il settecento la struttura di porta Ancona venne variata e il suo profilo venne allungato esternamente alle mura.
Quello che rimane oggi della porta è un grande spazio vuoto, nella cui pavimentazione si può ricostruire lo spazio occupato dalla porta e quello del suo fornice centrale.
Tra le cose da vedere a Senigallia rientra anche il suo teatro più importante: il teatro La Fenice. Vedendolo sembra strano sapere che questo è anche il teatro storico cittadino, ma il nuovo teatro La Fenice, nel 1996, ha preso il posto del precedente omonimo risalente al 1839 che a sua volta sostituiva il teatro comunale del 1830.
Anche il teatro del 1830 venne progettato da Pietro Ghinelli, come molti altri importanti edifici in città e presentava diversi spazi, tra cui i camerini per gli attori, un caffè e una trattoria. Purtroppo a causa di un incendio il teatro bruciò durante la notte del 9 agosto 1838. Subito venne decisa la ricostruzione, che venne operata nel tempo record di appena undici mesi. Per questo motivo gli venne affidato il nome di “La Fenice”, perché il teatro fu ricostruito sulle proprie ceneri. Subito tornò alla ribalta e divenne estremamente famoso, tanto che nel 1904 Pietro Mascagni vi diresse l’Iris. Il terremoto del 1930 colpì duro anche il teatro, causandone l’inagibilità.
Passarono diversi decenni prima di avviare i lavori di ricostruzione, durante i quali venne scoperta l’area archeologica sottostante. Nel 1996 venne poi inaugurato il nuovo teatro La Fenice, che ha mantenuto lo stesso spazio, ma che è stato progettato con uno stile completamente differente rispetto ai precedenti.
Girando fino a dietro al teatro La Fenice ci si ricongiunge al piccolo spazio verde, i giardini catalani, che corre esternamente alle antiche mura cittadine. Qui si può anche vedere il retro del teatro e, al di sotto, l’accesso agli scavi archeologici di Senigallia.
Lo spettacolo che si presente davanti a noi è decisamente insolito: ci troviamo esattamente sotto al teatro e tutto lo spazio è occupato da un’importante area archeologica. Sono infatti stati riportati alla luce resti della città romana di Senigallia. I protagonisti sono l’antico cardo e un decumano minore, entrambi larghi circa tre metri e trenta. Mentre il cardo è stato riportato alla luce per circa 31 metri, il decumano è visibile per ben 65 e si incrocia in maniera perpendicolare all’altra strada.
Come si può vedere, le due strade sono pavimentate con grossi blocchi di pietra, la cui parte superiore è quasi piatta e sono tenuti insieme da uno strato composto da sabbia, ghiaino e calce di pozzolana. Negli studi di questi resti sono stati fatti degli scavi in profondità, che hanno rivelato due livelli di costipazione con un’alta percentuale di ghiaia, posizionati proprio sotto la strada stessa. Nelle strade si ritrovano addirittura i solchi delle ruote dei carri che sono passati per di qui e le piante di alcune botteghe o case signorili. Di queste sono visibili ancora oggi le pavimentazioni. Di epoca più recente sono invece gli scheletri, risalenti al medioevo e vivida testimonianza di ben 130 fosse ad inumazione che spiegarono il differente utilizzo degli spazi durante il passare dei secoli.
Questi scavi archeologici sono riconducibili al 1989, quando si lavorò qui per creare le fondamenta del teatro e si ritrovarono questi reperti risalenti al II-III secolo dopo Cristo.
Ecco la mappa dell’itinerario alla scoperta delle cose da vedere a Senigallia. Le distanze tra le varie destinazioni sono molto brevi e la bellezza del centro merita decisamente di essere vissuta a piedi.
Il centro storico e il lungomare di Senigallia sono conosciuti anche per il più importante festival che va in scena in città: il Summer Jamboree. La città si riempie di bancarelle, sale da ballo temporanee e gruppi che suonano la musica degli anni quaranta e cinquanta. Cominciata nel 2000, ogni estate va in scena tra luglio e agosto richiamando migliaia di persone, spesso acconciate e vestite come all’epoca. Il Summer Jamboree è infatti uno dei più importanti festival sulla musica e la cultura dell’America anni quaranta e cinquanta.
Tutto il centro storico di Senigallia si ferma e si traveste per l’occasione, portando indietro l’aspetto della città di qualche decennio. Oltre alla musica che rieccheggia in ogni piazza e in ogni vicolo, le strade si riempiono di bancarelle che vendono di ogni, da juke box con musica rock and roll a chitarre, da oggetti country a vestiti, da scarpe ad abbigliamento usato, dal cibo a gadget, tutto nello stile di quegli anni.
Certo se amate gli anni quaranta e cinquanta si tratta di un appuntamento imperdibile, ma se invece vorreste visitare il centro storico cittadino, tenete conto dell’alta affluenza delle persone (oltre quattrocentomila ad edizione negli ultimi anni) e della conseguente impossibilità di muoversi tranquillamente tra i monumenti.
Ecco qualche foto dal Summer Jamboree.