Con “sentiero delle rogge” in Val Venosta si identificano una serie numerosa di sentieri che possono essere percorsi a piedi, tra le bellissime montagne di questi luoghi dell’Alto Adige.
Percorrendo un sentiero delle rogge ci si troverà immersi tra boschi e montagne dalla bellezza rara e senza il pienone che si può trovare in altre località turistiche. Un ottimo modo per entrare in contatto con la natura e prendersi qualche ora di tranquillità.
I sentieri delle rogge sono tutti accomunati da un aspetto: lungo buona parte del loro percorso sono accompagnati da una roggia. Di cosa si tratta? La roggia è un piccolo canale d’acqua che secoli fa (anche in epoca preromanica) i contadini locali avevano scavato per deviare parte dei corsi dei fiumi e portare l’acqua nei loro campi per irrigarli.
Questo sistema permetteva di far fronte ad alcuni aspetti del clima locale, caratterizzato da periodi di siccità e continuare a far produrre i campi, tra cui le grandi coltivazioni di melo che oggi rendono famosa tutta l’area. Questo particolare clima è dovuto alla presenza delle alte cime che fermano in qualche modo le nuvole e, unitamente al sole e al continuo vento, contribuiscono ad inaridire il terreno che vede le precipitazioni annue anche al di sotto dei 500 mm di pioggia totali.
Un sentiero delle rogge è quindi un elemento storico di queste montagne, i “waalwege” (nome tedesco della roggia) si trovano sparsi per le diverse alture dei monti Sole e Tramontana e permettevano fin dall’antichità di controllare il flusso d’acqua da far scendere a valle. Delle 300 rogge originarie oggi si contano circa una ventina di superstiti in tutta la Val Vensota, ma tra i più belli c’è senza dubbio quello che parte da Sluderno.
Agli inizi del novecento le rogge coprivano una lunghezza complessiva di oltre 1000 chilometri. Solamente la roggia di Marlengo, alimentata dal fiume Adige, era lunga 12 chilometri, mentre altre partivano così in alto da riuscire a interccetare l’acqua in scioglimento dai ghiacciai. Nei secoli le rogge furono continuamente ottimizzate, tanto che allo scopo primario di irrigazione si aggiunse anche quello secondario che permetteva di azionare mulini, segherie e burriere.
Ogni roggia era provvista di un guardiano, che aveva il compito di controllare il flusso dell’acqua e di fare manutenzione lungo tutto il percorso per garantirne la funzionalità, oltre che gestire la distribuzione oraria, ovvero aprire il flusso deviandolo in canali secondari che permettevano di raggiungere tutti i campi, dove era presente un addetto all’irrigazione che faceva defluire l’acqua sul terreno.
Di tanto in tanto erano presenti anche dei bacini di raccolta d’acqua, noti come Tschottn, che spesso davano vita a veri e propri microbiotopi. Lungo i canali poi scorreva insieme all’acqua anche la melma di origine glaciale che, depositandosi, creava dossi noti come Ilzen, che oggi sono quasi tutti stati spianati.
Ancora oggi questi sentieri vedono scorrere al proprio fianco questi stretti (e poco profondi) canali che trasportano l’acqua, anche se ai fini irrigui vennero utilizzati fino agli inizi del novecento. La maggior parte di questi sentieri sono percorribili tutto l’anno, come il Leitenwaal, il Berkwaal e l’Oberwaal, e sono adatti anche alle famiglie per la loro ridotta difficoltà.
Organizzando il viaggio in Val Venosta, da vero amante della natura e dei panorami acquatici, non volevo farmi sfuggire l’occasione di percorrere almeno uno dei sentieri delle rogge. Ce ne sono tanti tra cui scegliere ed ho quindi subito cercato di capire quale potesse essere il più bello.
La mia ricerca ha dato come risultato il sentiero delle rogge di Sluderno e non posso che confermare la bellezza a cui ho assistito.
Questo sentiero si snoda tra due rogge e quella che ho preferito è stata la Berkwaal, in cui il flusso d’acqua è maggiore e gli spazi più ampi. Oltre ciò i panorami che ci si sono aperti davanti sono stati ancora più suggestivi, ma è comunque possibile (e preferibile) combinare i due sentieri in un giro ad anello che parte da Sluderno.
Il sentiero delle rogge di Sluderno è quindi l’unione dei sentieri di due rogge differenti: la Leitenwaal all’andata e la Berkwaal al ritorno. Questo permette di compiere un giro ad anello sulle montagne di Sluderno.
Già che si è qui, vale la pena ricavarsi un po’ di tempo per fare una visita anche al Castel Coira, lungo la strada, dal fascino davvero magnetico. Se siete interessati conviene informarsi prima per poter prendere parte ad una delle visite guidate del castello, unico modo per potervi accedere.
Prendendo il sentiero nella direzione che abbiamo seguito noi si parte dal museo della Val Venosta a Sluderno e poi si raggiunge l’insediamento di Ganglegg con resti risalenti a diverse epoche a partire da quella del bronzo e del ferro. Procedendo sul monte Sole ci ritroviamo lungo la roggia di Leitenwaal che seguiamo per tutta la sua lunghezza, fino a trovarci ad attraversare la vallata su di un lungo ponte di legno dotato di alcuni scalini. Quello che passa sotto i nostri piedi è il torrente che alimenta anche la roggia di Berkwaal, che ha il suo inizio dalla parte opposta della vallata, nota come val di Mazia. Proseguiamo lungo questa roggia, all’interno di un bosco fitto e suggestivo e arriviamo così ai prati sopra il maso Vernalhof da cui partono anche svariati campi di mele. Passiamo per Castel Coira e infine torniamo al punto di partenza.
L’intero percorso è segnalato. Si devono seguire i sentieri 18, 17, 20 e 18A per il ritorno in un percorso di circa 7 chilometri di lunghezza che si può fare tranquillamente in 3 ore di camminata.
Una volta lasciato il museo della Val Venosta il tragitto del sentiero delle rogge prosegue lasciandoci alle spalle il centro abitato di Sluderno e attraversando il fiumiciattolo che dà vita a parte di queste rogge percorrendo un ponte di legno. Il sentiero lascia poi la strada carrabile e si inserisce all’interno del bosco con una rapida salita sul crinale della montagna che probabilmente è uno dei punti più faticosi dell’intero trekking. A un certo punto cominciamo a trovare alcuni cartelli che fanno riferimento all’insediamento di Ganglegg che si trova a poca distanza ed è raggiungibile esclusivamente a piedi.
Ganglegg è il più famoso sito archeologico risalente all’età del bronzo e del ferro dell’arco alpino e si è sviluppato come insediamento fortificato collinare. Attraverso un breve percorso ad anello che si sviluppa sulla collina di Tarces lasciamo il sentiero principale e ci imbattiamo in numerosi resti e ricostruzioni di case che vanno dall’età del bronzo a quella del ferro fino all’epoca romana.
Queste sono importantissime testimonianza del passato e di quanto anticamente questi luoghi venivano vissuti. Molti dei reperti ritrovati qui sono conservati all’interno del museo della Val Venosta, da dove il nostro trekking è cominciato.
Per saperne di più sul sito archeologico di Ganglegg si legga la guida completa.
Dopo aver lasciato l’insediamento di Ganglegg possiamo vedere la prima roggia affacciarsi lungo il nostro percorso. Inizialmente somiglia più a un piccolo fosso che a un canaletto, ma poi la sua forma diventa via via più definita… siamo alla roggia di Leitenwaal.
La prima parte, quella in salita, è lungo la roggia Leitenwaal la cui lunghezza originaria di 6 chilometri è oggi stata ridotta a 3. La sua origine è a circa 1200 metri di altitudine, dove viene alimentata prelevando l’acqua dal rio Saldur e termina a 1130 metri in coincidenza con Ganglegg. Utilizzata ancora oggi nel tratto scoperto, prima di alimentare la rete idrica ha una portata di circa 40 litri al secondo, esattamente la metà di quella originaria. Il Leitenwaal irriga così una superificie di circa 31 ettari e si affianca ad altre tre rogge che gli scorrono parallele: il Griggwaal, per la maggior parte intubato, il Quaderwaal e l’Ebnetwaal.
La natura lungo il Leitenwaal si presenta rigogliosa ma ordinata. Il sentiero procede per la maggior parte sul terreno battuto del bosco, ma alcuni tratti più a ridosso del crinale della montagna sono su passerelle in legno. La roggia ci accompagna per quasi la totalità del percorso, salvo alcuni brevissimi tratti dove viene interrata per poi riemerger pochi metri più in là.
Di tanto in tanto le pale di mulini in miniatura sono immerse nell’acqua e munite di campanelle ricordano l’utilizzo orginario che permetteva di monitorare il flusso costante di acqua che scorreva, già sfruttando uditivo.
Percorrendo il sentiero delle rogge di Leitenwaal sono inizialmente scoraggiato. Rispetto alle immagini che avevo visto e alla bellezza che mi aspettavo rimango un po’ deluso. Certo è una bella camminata in mezzo alla natura, ma la roggia sembra più che altro un piccolo fosso ricco di erbacce. Continuando a salire, però lo spettacolo si fa via via più avvincente. La roggia comincia ad avere un luogo più da protagonista nel nostro sentiero e gli alberi e il terreno si alternano a grandi rocce e piccole dighe. Il percorso si restringe e ai lati troviamo il classico parapetto in tronchi tipico dei sentieri nel bosco.
Lungo il tratto del Leitenwaal scorgiamo una strana scultura, proprio al di là della stretta roggia che segue il percorso che stiamo percorrendo. Si tratta dell’orco delle frane, la cui origine si perde nei secoli.
Secondo la leggenda l’orco delle frane viveva in Val Mazia a circa un’ora di cammino da Mazia, poco distante da questi territori. Essendo un orco sia fisicamente che caratterialmente, si narra che fosse molto contento quando poteva mandare il brutto tempo a valle e, ancora di più, quando riusciva a provocare una frana. La notte amava poi saltare sulla schiena delle persone, camminando su di loro e facendole soffrire.
Si dice però che l’orco delle frane avesse la possibilità di muoversi e di causare questi disagi solo nel lato soleggiato della valle, mentre il lato in ombra non poteva raggiungerlo a causa della sua incapacità nell’attraversare il rio Saldur.
Una notte, alcuni ragazzi che si trovavano a tarda ora a rientrare dai masi di Glies, ne approfittarono per stuzzicare l’orco e, in maniera molto furba, si posizionarono sul lato in ombra della valle. L’orco si accorse presto di loro e delle loro provocazioni e cercò di reagire, ma accorgendosi di non poterli raggiungere divenne pazzo e da quel momento cessarono le frane sulle cittadine sottostanti.
Il ritorno verso Sluderno lo facciamo percorrendo il sentiero delle rogge di Berkwaal. Da monte scendiamo quindi a valle per tornare al punto di partenza e chiudere il percorso ad anello.
Originariamente la sua lunghezza era di circa 7 chilometri, mentre il tratto conservato oggi è di appena 3 chilometri alimentati a 1200 metri di altitudine dal torrente Saldur e dal 1984 il suo termine è nel maso Vemal. Al contrario di molte altre rogge, il Berkwaal viene ancora utilizzato fino al punto di alimentazione della rete irrigua e, mentre un tempo riusciva a trasportare circa 300 litri al secondo, oggi ha una portata che varia tra gli 85 e i 125 litri, irrigando una superificie di ben 184 ettari.
Parallelamente alla roggia Berkwaal se ne trovavano altre due, oggi non più visibili: la roggia Gschneier che è ancora esistente ma intubata per la maggior parte della sua percorrenza, e la roggia Quair oggi non più esistente.
Lungo il sentiero delle rogge di Berwaal è molto evidente come questi canaletti venivano costruiti e mantenuti. Qualora si presentasse infatti un salto tra le rocce scavate e che trasportano l’acqua, ci si impegna per dare continuità al flusso attraverso l’installazione di “ponti“. Tipicamente questi erano creati scavando dei tronchi di larice e formando della canalette di congiunzione. Ancora oggi ci sono diversi tratti in cui questo sistema è ben visibile.
Se il Leitenwaal ci ha messo un po’ a conquistarmi, lo stesso non si può dire per il sentiero delle rogge di Berkwaal. Già dal suo imbocco all’attraversamento del fiume che scende fino a valle, lo spettacolo è decisamente avvincente e, anche per questo motivo, consiglio di farlo per la via del ritorno in maniera tale da lasciare la parte più bella per ultima, dopo la fatica.
Lungo il Berkwaal è presente anche una via interdetta, ma che volendo è possibile percorrere aprendo semplicemente il cancellino. Si tratta di una zona più pericolosa, a strapiombo sulla vallata del fiume e in cui i parapetti e le passerelle in legno sembrano essere malmesse. Il tragitto percorribile invece si snoda lungo il crinale della montagna con una roggia decisamente più larga e dalla portata maggiore rispetto alla precedente. Il colore della terra contrasta con quello dell’acqua trasparente che scorre veloce verso valle e gli alberi che sorgono massicci ai lati del canaletto creano scorci tipici di un film fantasy. Alcuni tratti della roggia sono poi protetti dalle frane grazie a tronchi di larice installati a formare una capanna.
Tra le parti più belle di questo sentiero c’è una lunga passerella in legno affiancata da un altrettanto lungo tratto di roggia che corre su canalette di legno per poi ricollegarsi al terreno sul crinale della montagna. In alcuni tratti il percorso si allontana di qualche metro dalla roggia che mostra chiaramente la tecnica dei larici scavati per far scorrere l’acqua nei tratti in cui la conformazione della montagna non è funzionale.
Continuando per tornare a Sluderno il sentiero scende rapidamente, abbandonando la roggia che diviene interrata. Ci ritroviamo così tra distese enormi di meli e i campi aperti del maso Vernalhof dove, sfortunatamente, troviamo l’irrigazione attiva e, nonostante la nostra corsa, ci bagnamo abbondantemente prima di ritrovarci lungo la strada che riporta a Castel Coira e poi al museo della Val Venosta di Sluderno.
Un trekking davvero suggestivo quello del sentiero delle rogge di Sluderno, soprattutto nella sua seconda parte che ci ha riportato fino a valle.
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